Meno tasse sul lavoro e niente scatti Iva: così il governo vuole usare i risparmi

Meno tasse sul lavoro e niente scatti Iva: così il governo vuole usare i risparmi
di Alberto Gentili
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Domenica 15 Marzo 2015, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 12:38
«La spending review è viva e vegeta, continuerà a essere un elemento guida per le decisioni del governo», garantisce il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Parole quanto mai necessarie visto che da ottobre, da quanto Mister Forbici Carlo Cottarelli si è dimesso per tornare al Fondo monetario internazionale senza alcun rimpianto da parte di Matteo Renzi, non esiste più un commissario alla spending review. E in più la nomina del consigliere economico Yoram Gutgeld e del bocconiano Roberto Perotti attesa per giovedì scorso, è invece scomparsa dai radar del Consiglio dei ministri.

«A GIORNI LA NOMINA»

A palazzo Chigi sostengono che «non ci sono problemi». Che «non esiste alcun giallo, manca solo la firma di Renzi al decreto di nomina». Ma un’altra fonte chigiana la mette più difficile: «Il premier sta riflettendo se nominare la settimana prossima un nuovo commissario nella persona di Gutgeld che insieme a Perotti si occupa da tempo della materia, oppure se individuare qualche forma nuova di governance della spending review, considerate le difficoltà che hanno incontrato prima Giarda e poi Cottarelli».



Si vedrà a breve. Di certo c’è che la spesa pubblica aumenta: sono di ieri i dati della Cgia di Mestre che parla di un incremento di 27,4 miliardi in quattro anni. Ed è altrettanto sicuro che sui timidi accenni di ripresa grava la minaccia di un devastante aumento dell’Iva (al 24%) e delle accise, previsto dalla clausola di salvaguardia inserita nell’ultima legge di stabilità per rassicurare Bruxelles: 12,4 miliardi il prossimo anno, 17,8 nel 2017 e 21,4 nel 2018. Una valanga di nuove tasse che andrebbe a colpire proprio consumi e investimenti.[TITOLINO]

LE PRIORITA’[/TITOLINO]

Ebbene, è proprio da qui che partono Gutgeld e Perotti: «L’obiettivo della spending review», spiegano a palazzo Chigi, «è quello di rastrellare almeno 10 miliardi da inserire nella legge di stabilità del 2016 per sventare l’aumento dell’Iva. Dieci miliardi che vanno ad aggiungersi ai 4 “fatti” nel 2014 e ai 14 di quest’anno». In più, forte anche del “tesoretto” di 6-8 miliardi nell’anno in corso e di qualcosina di più per il prossimo (i benefici del calo dello spread e dunque degli interessi sui titoli di Stato), il governo punta a quella che Padoan definisce «una riduzione fiscale permanente». Traduzione: una nuova sforbiciata (strutturale) al cuneo fiscale e forse un’estensione agli autonomi del bonus da 80 euro.



Gutgeld e Perotti - su indicazione di Renzi che non ha alcuna intenzione di fare regali a Maurizio Landini e alla sua “coalizione sociale” - per rastrellare i 10 miliardi non andranno a colpire le pensioni (come proponeva Cottarelli): «Questo tipo di intervento è definitivamente escluso». Ma andranno ad arare «aree finora non sfruttate, come il settore delle infrastrutture e dei trasporti pubblici locali». E continueranno a colpire le municipalizzate. «Senza contare che, grazie alla legge Madia sulla Pubblica amministrazione, si potranno compiere interventi diretti sull’organizzazione della macchina statale».



IL NUOVO APPROCCIO

L’approccio della “nuova spending review” in ogni caso, a sentire palazzo Chigi, sarà diverso da quello un po’ ringhioso di Cottarelli: «Verranno cercati, per quanto possibile, una maggiore collaborazione e un lavoro in comune con ministeri ed enti locali. E non soltanto per ottenere ulteriori risparmi. Ma anche per procedere, grazie a un nuovo approccio strutturale, a una riqualificazione della spesa pubblica».

Di lavoro da fare ce n’è molto. Nonostante la riforma Fornero delle pensioni, il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, la centralizzazione degli acquisti, i tagli ai ministeri e agli enti locali, la spesa pubblica continua ad aumentare. E anche rispetto al Pil le uscite correnti sono in deciso aumento: nel 2010 l’incidenza sul prodotto interno lordo era del 41,4%, nel 2014 ha toccato il 42,8, anche a causa della recessione. A gravare di più sono i “consumi intermedi” (manutenzione ordinaria, spese energetiche, mezzi di trasporto, ricerca e formazione) saliti del 3,4% in quattro anni, per un importo complessivo di 3 miliardi.



In aumento anche le uscite per il welfare, a causa del bonus da 80 euro e dell’invecchiamento della popolazione che ha innescato un aumento della spesa previdenziale: più 10%, con un aggravio di ben 29,6 miliardi. In totale la pubblica amministrazione lo scorso anno è costata agli italiani 692,4 miliardi. E il debito pubblico complessivo, secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, a gennaio è salito di 31 miliardi, raggiungendo quota 2.167,7 miliardi. Vicinissimo al record storico del luglio scorso.
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