Borse, torna la paura: Milano giù. Crolla la Cina, stop agli scambi. Affonda anche il prezzo del petrolio

Borse, torna la paura: Milano giù. Crolla la Cina, stop agli scambi. Affonda anche il prezzo del petrolio
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Giovedì 7 Gennaio 2016, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 18:54

Borse di nuovo a picco. Dopo il nuovo crollo delle piazze cinesi, partenza pessima per Piazza Affari e gli altri listini europei: il primo indice Ftse Mib segna una perdita del 3,21% anche se poi il listino ha ridotto le perdite e cede meno di due punti percentuali.

La peggiore fra le borse europee è Francoforte che cede il 3%, seguita da Parigi, Londre e Madrid in calo di oltre il 2%. Pesa la nuova tempesta cinese e il prezzo del petrolio. Deboli anche le banche, Eni ed Fca. A zavorrare i mercati anche le preoccupazioni per gli esperimenti nucleari in Corea del Nord e le tensioni tra Arabia e Iran.

Cina. Le contrattazioni sono state sospese per eccesso di ribasso dopo solo mezzora di scambi. L'agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha riferito giovedì che le contrattazioni a Shanghai e Shenzen sono state interrotte per la giornata, dopo che le azioni sono crollate di più del 7%. È la seconda volta questa settimana che le contrattazioni nelle borse cinesi vengono sospese per eccesso di ribasso.

E' stata la nuova svalutazione della banca centrale cinese dello yuan (-0,5%) a mandare al tappeto i mercati azionari del paese. Una mossa che ha provocato le critiche di molti analisti e investitori secondo i quali le autorità di Pechino avrebbero perso il controllo della situazione. Una moneta più debole, lo yuan è sceso dello 0,6% a 6,5925 mentre quello quotato a Hong Kong è leggermente risalito, può infatti aiutare le esportazioni ma fa crescere i rischi per le società indebitate in dollari e aumenta i timori che lo stato dell'economia del paese sia peggiore del previsto.

La Banca centrale cinese, in un editoriale pubblicato sul sito, si dice capace di mantenere lo yuan «a un livello ragionevole di equilibrio» e di fare fronte «a quelle forze che speculano» e «provano a trarre profitto» sulla moneta. La Cina non ha bisogno di una «svalutazione competitiva» della moneta per stimolare l'esportazione e stabilizzare la crescita, afferma ancora l'istituto centrale. «Sebbene la crescita dell'export si è rallentata nel 2015 - scrive - la quota del paese sulle esportazioni mondiali è cresciuta ancora». Non ci sono motivi per un nuovo deprezzamento dello yuan che resta una valuta forte, scrive.

Tokyo. La nuova caduta della piazza cinese, la discesa del petrolio e i timori scatenati dai test nucleari della Corea del nordd pesano anche sul listino di Tokyo che archivia la quarta seduta consecutiva di calo. L'indice Nikkei dei titoli guida ha chiuso in calo del 2,33%, il suo più basso livello a fine seduta da ottobre 2015.

Petrolio. I timori di una situazione economica peggiore del previsto in Cina e la sovrapproduzione mandano al tappeto il prezzo del petrolio già in calo nei giorni scorsi. Il greggio Wti cede il 4% a 32,6 dollari al barile fra forti scambi mentre il Brent cala a 32,75 dollari. Per alcuni analisti la soglia dei 30 dollari non è più così lontana. Per il petrolio questo inizio di 2016 non poteva essere dei peggiori e nulla al momento lascia presagire un'inversione di tendenza che, va notato.

L'ultima ragione del tracollo in ordine di tempo è stata la chiusura in anticipo della borsa di Shanghai. Per la borsa cinese si è trattato del secondo fortissimo ribasso da inizio anno e gli analisti a livello mondiale temono che l'impatto sull'economia reale del colosso asiatico possa essere sensibile. Un fatto questo che non può che preoccupare visto che il paese consuma il 12% del petrolio a livello mondiale, secondo solo agli Stati Uniti. Le ragioni dietro alla lunga scivolata al ribasso del greggio (il prezzo è dimezzato solo nell'ultimo anno ed è lontano anni luce dai circa 100 dollari al barile dell'autunno 2014), sono tuttavia molteplici e perché questa tempesta perfetta possa disperdersi ci vorrà con ogni probabilità molto tempo. In primo luogo la produzione rimane fortemente in eccesso rispetto alla domanda: la rivoluzione americana del fracking ha immesso sul mercato almeno 2 milioni in più di barili che nessuno in questo momento è in grado di soddisfare e se è vero che la strategia Opec di far crollare i prezzi sta facendo finire in bancarotta molte aziende americane del settore, nondimeno le ragioni di squilibrio permangono.

 

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