Alice Casarotti: "Con i miei cavalli ho battuto la violenza. E la mia vita ora è un film"

Alice Casarotti alleva cavalli e animali vicino Roma: nel "Bosco di Alice" ha trovato la strada per uscire da un rapporto tossico e ricostruire la sua vita. Ora la sua storia è diventata un film premiato a Cortinametraggio, Anèmos di Vera Munzi e Caterina Salvadori. "L'Alice del film è Matilde Gioli, che ama i cavalli quanto me"

Matilde Gioli nel ruolo di Alice Casarotti nel film Anemos
di Lorena Loiacono
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 3 Aprile 2024, 15:16

Alice Casarotti, 40 anni, è la fondatrice dell’Associazione Il Bosco di Alice e della scuderia La casa dei cavalli, di Rignano Flaminio, e proprio con i cavalli ha trovato la sua salvezza, la sua rinascita: dopo aver provato sulla sua pelle anni di abusi e violenza, ha reagito alla vita, cambiandole il percorso. Come ci è riuscita? In sella o, meglio, al fianco di Sioux, un cavallo indomabile che ha voluto con sé per salvarlo dal macello. La sua storia è diventata un cortometraggio: Anemos con gli attori Matilde Gioli e Francesco Montanari, per trasmetterne forza alle donne nella sua stessa condizione.

Come nascono le sue sofferenze?

“Mia madre purtroppo è venuta a mancare quando avevo solo 12 anni, sono rimasta con il mio patrigno: un uomo violento e aggressivo. Appena ho potuto, a 18 anni, sono andata via di casa ma quando una persona cresce senza genitori amorevoli resta segnata nelle relazioni future”.

A lei cosa è successo?

“Per avere l’amore degli altri, si tende a restare accondiscendenti e a subire quello che non si vorrebbe mai subire. Molto spesso si torna dove si è stati, purtroppo, e mi è capitato di incontrare uomini come il mio patrigno: prepotenti, che ti fanno sentire meno di niente. Eppure ho continuato a sopportare tutto questo per essere accettata. Anche perché ho sempre avuto difficoltà nelle relazioni sociali: sono sempre stata considerata strana”.

Perché strana?

“Sono una persona con Adhd, il disturbo dell’attenzione. Mi è stato diagnosticato l’autismo solo in età adulta quindi sono cresciuta cercando l’approvazione dagli altri, ma così sono caduta sempre negli stessi meccanismi”.

Didascalia

In che senso?

“Le donne vittime di abusi spesso ripercorrono le stesse dinamiche. Ho avuto relazioni tossiche, dove non c’era la libertà di cui avevo invece bisogno”.

Come ne è uscita?

“Grazie al mio lavoro con gli animali: ho sempre amato gli animali, sono la mia famiglia, per questo ho fondato l’Associazione e lavoro con una stalla attiva. Lì mi hanno salvata i cavalli, anzi un cavallo: Sioux, sta con me da 9 anni”.

Che cosa ha di così speciale Sioux?

“Non è addomesticabile, reagisce con prepotenza, sa riprendersi la sua vita e mi ha insegnato a fare altrettanto: ad essere più ferma, a dare delle gran gomitate per resistere e per dire “io sono questa”. Il cavallo si è guadagnato la vita che fa adesso, evitando di diventare carne da macello. Era destinato a quello proprio a causa del suo carattere”.

Che cosa ha imparato da Sioux?

“A presentarmi così come sono. senza cambiare nulla di me e senza permettere. Nessuno di cambiarmi. Sono così anche sui social: mi faccio vedere felice quando lo sono e triste quando proprio non va.

La vita è anche sofferenza, perché dobbiamo per forza nasconderla? In una relazione bisogna essere se stessi”.

E’ riuscita a conquistare Sioux?

“Sì, si è sentito accettato e si è fidato di me. Sa che con me può esprimere se stesso ”.

A proposito, cos’è una stalla attiva?

“Ho 15 cavalli, compresi gli ospiti, e vivono tutti in branco quindi in una gestione naturale, non hanno ferri ai piedi ma hanno il fieno a disposizione tutto il giorno. Studi scientifici hanno dimostrato che più la vita di un cavallo si avvicina alla sua natura e meno si va incontro alle patologie dell’animale. L’approccio nei loro confronti è etico, al pari di quello usato oggi con i cani: non c’è costrizione né pressione, solo lavoro in libertà. Anche l’incontro con essere umano deve essere positivo: lo dico io che, con il disturbo di cui soffro, sono sociopatica ”.

La sua storia è diventata un cortometraggio, Anemos, con un messaggio molto potente ed è stato anche premiato al Cortinametraggio 2024. Non male per una persona sociopatica, non crede?

“E’ vero, ho parlato della mia vita alle due registe Vera Munzi e Caterina Salvadori, che l’hanno poi raccontata con i volti di Matilde Gioli e Francesco Montanari. Il cavallo che interpreta Anemos è Cogrusus, un altro mio cavallo a cui sono molto legata”.

C’è anche lei nel cortometraggio?

“Sì, sono la controfigura di Matilde Gioli per le scene in cui il cavallo è imbizzarrito”.

Non è la prima volta che esce la sua vena artistica, vero?

“E' vero. Spesso ho cercato rifugio nell’arte, dalla pittura fino alla musica. Sono diventata soprano, ho cantato anche in Germania e in Rai, oggi canterei solo per fare beneficenza per la mia associazione”.

Può aiutare altre donne in difficoltà?

“Sì, organizzo corsi e seminari con cui aiuto le persone che vogliono approcciare ai cavalli in maniera differente, per creare una relazione con il cavallo in cui trovare anche se stessa, perché il cavallo fa da mediatore”.

Oggi è innamorata?

“Sì, ho un compagno con cui convivo ma in camere separate. Così ognuno ha i suoi spazi. E’ un veterinario per animali esotici: l’ho conosciuto quando un mio falco stava male. Posso dire serenamente che è un uomo completamente diverso da quelli del passato”.

Avete messo su famiglia?

“Sì, non ho figli ma siamo pieni di animali: circa 20 tra galline, cani, pecore, agnellini e capre. Ornella ad esempio è la mia pecora e l’ho allattata con il biberon perché era senza mamme. La mia asinella Mela è stata adottata da una pony di nome Annurca che aveva partorito una puledra morta. Praticamente sono mamma e figlia. Questi animali hanno delle relazioni reali, vere. Hanno tanto da insegnare”. 

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