Eva come nel film Nomadland: «La mia fuga su un camper contro gli stereotipi»

Eva come nel film Nomadland: «La mia fuga su un camper contro gli stereotipi»
di Nicolas Lozito
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Sabato 26 Giugno 2021, 06:32 - Ultimo aggiornamento: 09:25

«È stata una scelta improvvisa. Da un giorno all'altro, senza grandi storie o miti dietro alla mia decisione: ho capito che quella cosa lì, la vita ordinaria dove una persona si sveglia, esce di casa, lavora, torna a casa e va a dormire, non faceva per me. E allora è stato semplice, sono salita in auto e ho viaggiato verso le montagne».
A pronunciare queste parole è Eva Toschi, una giovane donna trentenne la cui storia vale già una vita intera. Tanto che ha appena pubblicato un libro che la racchiude: Per la mia strada (HarperCollins, 240 pagine, 17 euro).Un po' nomade, un po' amante della montagna, un po' sportiva, un po' scrittrice. Su tutto: diversa da qualsiasi possibile categoria applicabile ai millennial. Classe 1990, romana, si laurea diversi anni fa in Giurisprudenza. Si trasferisce subito dopo a Modena per il primo stage, in un'agenzia di comunicazione, perché nonostante gli studi di diritto ama scrivere e vuole farlo di mestiere.

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Ma il lavoro d'ufficio non le piaceva. Come ha fatto a smarcarsi da tutto e tutti?
«Quasi per caso, un giorno mi sono ritrovata su internet non più per rispondere alle mail dell'ufficio ma per cercare una nuova casa a quattro ruote con cui scappare. Non ero una fricchettona, non cercavo una vita on the road come nei libri di Jack Kerouac. Ho trovato l'annuncio per un vecchio Ducato e l'ho comprato senza pensarci due volte: il mio Maurone».


Ha dato un nome al suo furgone? Perché?
«Ho capito che eravamo fatti l'uno per l'altra quando ci sono entrata la prima volta. Sono alta 1,58 centrimetri e lì dentro riuscivo a stare in piedi perfettamente. Era fatto su misura per me. Apparteneva a un signore che l'aveva trasformato in un camper insieme alla moglie, ma la donna era morta in un incidente prima di potersi godersi i viaggi con il marito. L'uomo si chiamava Mauro, e sperava che almeno io potessi rendere onore al mezzo: ecco perché si chiama Maurone».

Eva Toschi sulle Alpi sopra il suo furgone camperizzato soprannominato "Maurone" – foto di Elisa Bessega


Lei ha scelto di andare in montagna, viaggiando in buona parte delle Alpi, perché proprio lì?
«Per me la montagna ha una forza magnetica. Appena sono salita sul furgone ho puntato a Nord. L'ho sentito subito come il mio territorio: lì posso arrampicare, posso correre, posso sciare. Le avventure e le emozioni sono tutte diverse: per dire, in montagna riesco a piangere».


Il suo caso ricorda la storia di Nomadland, film di Chloé Zhao vincitore ad aprile di tre Oscar e ispirato a una storia vera. Anche nella pellicola c'è una donna che vive in camper, interpretata da Frances McDormand. Le ricorda la sua vicenda?
«Nomadland racconta una storia meravigliosa, potentissima, perché mostra la crescente insoddisfazione di alcune persone davanti alla vita ordinaria. Non solo: perché la protagonista è una donna che sceglie volontariamente di bastarsi. Siamo abituati a personaggi simili, ma solo maschili, come il protagonista di Into the Wild».


Abbandonare le comodità dei muri di casa è diverso per una donna?
«Il mondo, e l'Italia ancora di più, non sono fatti per persone che non hanno una casa. A maggior ragione se si è donna: viaggiando ho incontrato tante persone aperte e amichevoli, perché chi vive vicino alla natura è capace di rispetto profondo, ma ho vissuto anche dei momenti antipatici».


È più pericoloso?
«Fortunatamente non mi è mai capitato niente di spiacevole, ma all'inizio ero preoccupata. Il mio furgone mi ha aiutato. Perché sembra un mezzo da cantiere, da fuori è molto anonimo, non sembra che dentro ci viva una persona, men che meno una donna».


Come si è mantenuta in questi anni?
«Scrivendo e facendo la copywriter: porto spesso il computer con me. Ma in passato ho fatto dei lavori durante le stagioni fredde».


La sua avventura nomade è cambiata negli anni: ora ha un cane e un compagno. Come vive ora?
«Abbiamo preso una baita in Valtellina: d'inverno siamo abbastanza stanziali, sciamo molto e lavoriamo il pomeriggio, entrambi da remoto. D'estate torniamo a essere più nomadi, e la casa diventa un campo base di passaggio».


E il suo furgone?
«Lo usiamo di meno, ma proprio in questi giorni l'abbiamo rimesso in moto. Forse è tempo di lasciarlo andare, però».


Lo rottamerà?
«In verità pensavo di venderlo: magari lì fuori c'è qualche giovane donna o uomo stufo della vita ordinaria e vuole sperimentare qualcosa di nuovo!».


C'è qualche consiglio da tenere presente?
«Quando siete in movimento, date il giusto tempo a ogni viaggio. Siamo abituati a spostarci per necessità, di fretta, programmando tutto: ma così ci perdiamo il meglio. Guardatevi intorno: c'è così tanto da fare e scoprire».

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