Gaia Romani, la più giovane della giunta Sala, sostituisce la targa del suo ufficio: assessora. Polemiche social: è inutile

Gaia Romani, la più giovane della giunta Sala, sostituisce la targa del suo ufficio: assessora. Polemiche social: è inutile
di Maria Lombardi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 2 Dicembre 2021, 19:48 - Ultimo aggiornamento: 6 Dicembre, 08:25

Via la vecchia targa, “assessore”. Ecco quella nuova, assessora”. Gaia Romani, la più giovane della giunta di Giuseppe Sala, a Milano, annuncia su facebook la novità, postando una foto in cui mostra le due targhe.  «Ho chiesto di sostituire la targa sulla porta del mio ufficio perché il cambiamento parte dalle piccole azioni. È un messaggio a cui tengo molto e quindi eccoci qui, pezzo per pezzo».

Gaia Romani, assessora (adesso anche sulla porta del suo ufficio)  con delega ai servizi civili, decentramento e partecipazione. A 25 anni è entrata in giunta, pochi mesi dopo la laurea in Giurisprudenza. Qualcuna non condivide l'enfasi del suo annuncio, e commenta sul social, sotto il post dell'assessora: «Avremo vinto questa battaglia quando nessuno farà caso al genere della persona che occupa una posizione in società . Pretendere di usare il femminile di un termine come in questo caso non significa nulla».

Chi le dice: brava. E chi liquida: quisquiglie. Ma davvero pensiamo di colmare il gap in questo modo?, si interroga qualcun'altra.

Il tema fa discutere. Quanto contano le parole? Possono davvero segnalare un cambio di mentalità, un passo in avanti nella parità? Oppure quella “a” non rappresenta alcuna conquista, tanto più in tempi in cui le desidenze finali finiscono sotto attacco perché di per sé discriminanti? La rivoluzione non si fa con le parole, si obietterà, tenetevi pure le vostre targhette e dateci realmente spazio e potere. Epperò, le parole dicono più di quel che dicono, e soprattutto ci dicono cosa pensiamo. Quando Virginia Raggi fu eletta a sindaca di Roma, c'era qualche incertezza sulla “a”, non era mai successo - sindaca di Roma -  e nel giro di pochi mesi a nessuno è venuto più in mente di usare la “o” davanti al suo nome. 

E così si va avanti, lentamente, carica dopo carica, si cambia, con qualche esitazione. Elena Bonetti è ministra, ma Maria Elisabetta Casellati è presidente del Senato e Maria Elena Spadoni vicepresidente della Camera. E la ministra della Giustizia Marta Cartabia, era presidente della Corte Costituzionale. E come la mettiamo, qualora una donna salisse al Colle? La parola pronta non c'è: presidente, presidentessa? Ancora una volta l'interrogativo sulla parola segnala un vuoto, mai nessuna è arrivata così in alto.

A patto che non si faccia di questo una crociata e si rispetti la libertà di abbracciare o meno i titoli al femminile. La battaglia per conquistare nuove parole insieme a nuovi ruoli non può scivolare nella negazione della libertà che si rivendica (sempre a parole). E non ha senso dunque accanirsi contro il direttore d'orchestra Beatrice Venezi se vuol restare direttore, come è successo in occasione dell'ultimo festival di Sanremo.  O contro chi vuol tenersi stretto "il direttore". 

Intanto, aspettando il neutro, la parola tronca, l'ultima lettera che non escluda nessuno, l'assessora Romani ha cambiato targa. Assessora, d'ora in avanti, e non c'è modo di sbagliare. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA