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di Enzo Vitale

Qui ha picchiato duro, lo studio sulla diffusione del Coronavirus in Lombardia dell'informatico Davide Tosi

Davide Tosi
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Martedì 24 Marzo 2020, 21:49
«C'è evidenza empirica che il contagio si propaga sul territorio non per la vicinanza territoriale delle città, ma per la "vicinanza" dei punti logistici di distribuzione delle materie prime», detto in parole più semplici, i contagi e la diffusione del coronavirus, specialmente nelle regioni del Nord Italia, sono dovuti allo spostamento di mezzi e persone prima dei provvedimenti drastici messi in campo dal Governo. Il numero dei contagiati? Secondo il modello eleborato da Davide Tosi già dallo scorso 2 marzo, in Italia non dovrebbero superare i 100 mila casi. Il ricercatore dell'Universitá dell'Insubria, esperto di Big Data e professore aggiunto Università Milano Bocconi, ha aggiornato il suo modello proprio in queste ultime ore e, a quanto pare, i numeri tornano.



(L'informatico Davide Tosi dell'Università Insubria)


Dottor Tosi cosa tratta il suo nuovo modello?
«E' un aggiornamento del mio modello realizzato lo scorso 2 marzo, si arricchisce di un nuovo paragrafo che riguarda lo studio e l’andamento nel tempo della distribuzione geografica di contagi dal COVID-19 sul territorio lombardo, ho semplicemente correlato il dato dei contagi con le direttrici di traffico veicolare e delle merci in Lombardia e nelle sue provinceo».

Cosa si evince?
«Emerge chiaramente un aspetto molto interessante: c'è evidenza scientifica che il contagio si propaga sul territorio non per la vicina territoriale e geospaziale delle città, ma per la "vicinanza" dei punti logistici di distribuzione delle materie prime. Cioè, le direttrici dove c’è maggior traporto di merci sono anche quelle dove il virus si è prima diffuso. Inoltre, la diffusione, nel tempo, ha seguito esattamente queste direttrici del trasporto merci».

Partiamo dall'inizio: quali sono state le città  del Nord Italia che più delle altre hanno iniziato a soffrire?
«Nella seconda settimana di contagio (dal primo all'8 marzo, ndr), le città maggiormente colpite, come variazione percentuale sui contagi, sono state Lodi, Cremona e Pavia; a livello  di contagi totali, invece, Lodi, Bergamo, Cremona e Milano».

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Nel periodo successivo?
«Dal 9 al 16 troviamo Bergamo, Pavia e Varese, con valori molto molto alti anche per le province di Como, Lecco e Mantova. Per contagi totali ancora Bergamo, Brescia, Cremona e Milano. In questa ultima fase assistiamo al fatto che le città maggiormente colpite (sempre come variazione percentuale sui contagi) diventano Sondrio, Monza Brianza e Milano, mentre quelle con contagi totali  sono Bergamo, Brescia, Milano e Cremona».

Il suo modello come spiega questa diffusione?
«Questo andamento della distribuzione dei contagi sul territorio è spiegabile immaginando il territorio lombardo stratificato a cipolla».

Ci può spiegare meglio?
«Il focolaio è il centro della cipolla e da lì, considerando le direttrici di trasporto più coinvolte, il virus si è diramato. Le interazioni secondarie tra le altre direttrici più trafficate dalle merci (ad esempio Bergamo-Brescia, Varese-MIlano e Varese-Como), hanno portato nel tempo ad una distribuzione del virus nelle seconde stratificazioni della cipolla (aumento significativo dei contagi nelle città di Varese, Como, Lecco). Singolare rimane il dato di Monza e Brianza, che pur avendo un forte collegamento con la città di Milano (9.836 veicolo/giorno) abbia visto la diffusione del virus solamente nell’ultima settimana di rilevazione dei dati. Questo dato è parzialmente spiegabile dal fatto che la diffusione del COVID-19 sul territorio milanese è esplosa relativamente tardi (nella variazione percentuale) nel tempo». 

Il modello che aveva elaborato lo scorso 2 marzo più o meno ha centrato quello che è accaduto in questi giorni, ce lo spiega brevemente?

«Il modello matematico / statistico che ho elaborato il 2 marzo sulla base dei primi dati ufficiali della protezione civile messo in correlazione con il trend di contagi nella città cinese di Wuhan e le statistiche pubblicate dalla WHO (World Health Organization) aveva l’obiettivo di predire nel tempo l’evoluzione del contagio da COVID-19 sul territorio nazionale e sul territorio di Regione Lombardia. Il modello si è comportato molto bene, predicendo con molta accuratezza il dato reale dei contagi. Inoltre, il modello stima a fine marzo il raggiungimento del famoso plateau della funzione sigmoide tipica delle epidemie (cioè dove i nuovi contagi giornalieri si stabilizza a poche decine di unità)».


I contagi e la diffusione del virus quindi si sono avuti prima che il governo mettesse in campo le restrizioni?
«Dalle mie stime, il virus in Italia è arrivato ben prima di fine febbraio, indicativamente fine gennaio. Posso dire però che il governo e le regioni hanno, a fronte della manifestazione del primo contagio, messo subito in atto le azioni più opportune di contenimento».

Potrebbe accadere lo stesso fenomeno nel Sud Italia o le restrizioni sono serviti a bloccare la diffusione del virus?
«Le restrizioni applicate tempestivamente in Regione Lombardia, sono state opportunamente estese al centro e sud Italia. Questo fan ben sperare che l’epidemia sia sotto controllo. Non bisogna ovviamente abbassare la guardia, perché il rischio di nuovi focolai è sempre presente».

Secondo il suo modello quanti saranno i contagiati e quando ci sarà il picco, oppure lo abbiamo già superato con gli ultimi dati aggiornati?
«Dagli ultimi dati, posso ben sperare che le mie predizioni siano affidabili: il picco sul numero di contagi giornalieri, a livello nazionale, è stato raggiunto il 21 marzo e vedremo il raggiungimento del plateau a fine marzo, come il mio modello prediceva dal 2 di marzo».

Quando si potrà ritornare a una vita per così dire normale?
«Se tutto va bene, e tutti continuiamo a seguire scrupolosamente le indicazioni degli organi competenti (quindi governo, protezione civile, e regioni) possiamo pensare ad un ritorno alla vita “normale” forse verso giugno, ma non bisogna abbassare la guardia».

Domani sera  (martedì 24, ndr) la vedremo da Vespa, cos'altro dirà di interessante?
«Beh, diciamo che ho quasi detto tutto. Il resto, per adesso, è top secret. Ma basterà vedere la trasmissione».

enzo.vitale@ilmessaggero.it
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