Naturalmente il rapporto debito/Pil dipende sia dal denominatore che dal numeratore della frazione. Quest'ultimo, il valore assoluto del debito, non è in realtà aumentato moltissimo tra le stime di settembre e il consuntivo: 2.316,7 miliardi invece di 2.314,3. Ben più rilevante è stata la variazione del Pil nominale: 1.753,9 miliardi contro i 1.767,6 previsti, quasi 14 miliardi. A settembre, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza prevedeva che il prodotto avrebbe avuto un incremento del del 2,5 per cento rispetto all'anno precedente: 1,2 per cento come reale crescita economica e 1,3 come effetto dell'incremento dei prezzi (il cosidetto "deflatore del Pil"). La crescita dell'economia si è rivelata più bassa, con un +0,9% finale; ma ancora più sorprendente appare il risultato finale del deflatore del Pil (+0,8% invece che +1,3%) tanto più che a fine settembre il governo aveva confermato la propria stima, giudicando l'andamento effettivo «in linea» con essa.
Se il Pil nominale fosse rimasto quello previsto (che ancora a gennaio figurava nei documenti ufficiali del ministero dell'Economia), il rapporto debito/Pil avrebbe chiuso al 131,1 per cento, comunque in calo rispetto al 2017. La risalita dipende dunque tutta dal fatto che non si sono realizzate previsioni troppo ottimistiche sulla crescita e - soprattutto - sull'inflazione.
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