Nel 2019 l'Europa nel suo complesso era al di sotto di questo livello sia per quanto riguarda i residenti in ciascun Paese nati però in un altro Paese europeo (38 per cento) sia per i nati al di fuori dell'Unione (34,2%) mentre con i soli nativi si riesce a superare la soglia (41,3%); stiamo parlando sempre dei giovani della fascia 30-34 anni. Ma come al solito le medie mascherano situazioni differenziate. In Danimarca e in Svezia la quota di laureati supera di parecchio il 60 per cento tra i giovani nati in un altro Paese dell'Europa, mentre - forse sorprendentemente - Estonia e Irlanda possono addirittura vantare una percentuale oltre il 70 per cento tra i 30-34 enni nati fuori dai confini dell'Unione.
L'Italia si trova purtroppo nella parte opposta della classifica, all'ultimo posto dietro la Grecia sia per i laureati originari di un altro Paese dell'Unione (12,6%) sia per quelli di provenienza extra-Ue (14,5%). Paradossalmente fa riflettere il fatto che la prima percentuale sia anche più bassa della seconda: mentre i giovani italiani istruiti lasciano il Paese verso destinazioni europee più stimolanti sotto il profilo lavorativo, il fenomeno contrario appare di dimensioni ridotte. Se infine ci chiediamo come mai proprio da noi si trovi la popolazione straniera meno istruita, possiamo abbozzare almeno una parte della risposta ricordando che la percentuale di laureati tra i giovani italiani - sebbene in discreta risalita nell'ultimo decennio - è solo del 31,2 per cento, ovvero la più bassa dell'Unione europea dopo la Romania. E il posizionamento è esattamente lo stesso, su livelli percentuali ancora più esigui, se si guarda al complesso della popolazione tra i 25 e i 74 anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA