Vediamo i numeri in dettaglio. Dal primo gennaio 2015 al 31 agosto di quest'anno la popolazione complessiva si è ridotta di quasi 543 mila unità, scendendo a quota 60,25 milioni. Ma di questi residenti che mancano all'appello, circa 400 mila - ovvero tre quarti del totale - vivevano al Sud o nelle isole. Regioni che con i loro oltre 20 milioni di abitanti complessivi rappresentano un terzo della popolazione italiana: l'asimmetria è evidente.
Come si spiega questa tendenza? Molto sommariamente, se tutte le aree del Paese condividono un saldo naturale negativo (il numero dei morti supera quello dei bambini che nascono) dal 2015 ad oggi la costante del Mezzogiorno è il segno meno anche nel saldo migratorio, ovvero la differenza tra coloro che per qualsiasi motivo vengono iscritti in anagrafe e coloro che invece sono cancellati. C'è sicuramente uno spostamento interno, italiani che lasciano le Regioni meridionali diretti al Nord oppure all'estero; allo stesso tempo Sud e Isole risultano meno attrattivi per l'immigrazione regolare da altri Paesi.
Scavando un po' di più, si può osservare che il fenomeno dello spopolamento riguarda soprattutto le aree interne: in alcune territori meridionali questo sta portando ad un mutamento significativo della struttura sociale. Quanto alla migrazione, coinvolge in misura importante giovani con buon livello di istruzione e questo in prospettiva non potrà che peggiorare ulteriormente le cose, aggravando il divario con il resto d'Italia. E questo è un problema per tutti, non solo per chi vive al Mezzogiorno.
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