«Esorto vivamente l'ambasciata italiana a rimpatriare uno dei suoi cittadini, il signor Carlo D'Attanasio, in Italia il prima possibile. Come ho accennato in precedenza, l'adenocarcinoma colorettale è un cancro molto aggressivo e raccomando vivamente che il signor D'Attanasio venga rimpatriato in Italia senza indugio per motivi medici e umanitari. Le condizioni di Carlo sono giunte a uno stato critico, non sta bene e potrebbe perdere la vita qui in Papua Nuova Guinea se l'ambasciata italiana non interverrà».
È la lettera che il dottor Damien Hasola, primario dell'ospedale Paradise di Port Moresby, in Papua Nuova Guinea, ha inviato ieri alla rappresentanza diplomatica italiana - la seconda indirizzata all'ambasciata nell'arco di tre mesi - per chiedere il rimpatrio urgente di Carlo D'Attanasio, il velista pescarese di 54 anni detenuto ormai da 32 mesi nel carcere in Papua Nuova Guinea, in Oceania, con l'accusa di aver fatto parte di una banda di trafficanti che avrebbe importato 611 kg di cocaina.
Il ministro agli Affari esteri Antonio Tajani ha firmato il 19 aprile scorso una richiesta di rimpatrio. «Ma Carlo è ancora lì e sta morendo», il grido di dolore della compagna dell'uomo, Juanita Costantini, che con il figlio di 7 anni, il piccolo Enea, attende a Pescara che l'uomo rientri a casa, «vivo, per cercare di salvargli la vita, o almeno che venga a morire qui circondato dalle persone che lo amano», dice ancora Costantini.
Un caso controverso quello dell'ex imprenditore pescarese, velista soltiario per passione, sempre dichiaratosi innocente ed estraneo alle accuse.
Il viaggio di D'Attanasio, iniziato nel 2019 dalla Spagna, con una barca di quattordici metri, si è arenato a febbraio del 2020 dopo l'approdo in Papua Nuova Guinea. Era il terzo tentativo per il viaggiatore pescarese. Il 26 giugno 2020, mentre ultimava le riparazioni alla sua imbarcazione, sull'isola accade un incidente aereo: nel piccolo velivolo diretto in Australia e schiantatosi dopo il decollo vengono trovati i seicento chili di cocaina. Il pilota dell'aereo, australiano, e un altro presunto complice vengono immediatamente arrestati. Due giorni dopo, però, finisce dentro anche il pescarese D'Attanasio, indicato dagli arrestati come il destinatario del carico.