SCHERZA COL CUOCO/ “Settembre andiamo...” è tempo
della “minestra del pastore”

Un pastore con il gregge
di Carlo Gizzi
3 Minuti di Lettura
Domenica 13 Settembre 2020, 15:13
La rete di strade erbose percorse da uomini e ovini che si spostavano dalla montagna al piano per raggiungere pascoli più verdi, per millenni ha unito tra di loro culture e tradizioni diverse. La “civiltà del tratturo” ha fortemente inciso sul vissuto della parte interna dell’Abruzzo, condizionando e modificando la vita dei “camminanti” e delle loro famiglie, che hanno conosciuto gente nuova, imparato nuove tradizioni, apprezzato nuovi amori e gustato nuovi sapori. Abbiamo pensato di far partire da qui questo percorso lungo le vie dei sapori degli Abruzzi. Anche il nostro modo di mangiare ha subito, grazie alla civiltà del tratturo, profondi cambiamenti che hanno contribuito a fare della cucina abruzzese un punto di forza tra le cucine più famose come quella emiliano-romagnola, napoletana o pugliese.

Fino a non più di una cinquantina di anni fa, con il sopraggiungere della stagione invernale la maggior parte dei paesi e dei centri rurali e pastorali dell’Abruzzo interno, subivano un vero e proprio spopolamento: quasi tutti gli individui maschi tra i 14 e i 65 anni lasciavano madre e moglie per accompagnare le pecore ai verdi pascoli delle Puglie o della campagna romana. Fatta la vendemmia dai tirchi tralci e spremuto il vino aspro da portare in transumanza, raccolte le patate e macinato il grano, arati i campi, il giorno di San Michele uomini e pecore lasciavano case e ovili e si mettevano in cammino.

Nelle case, madri e mogli si apprestavano a restare sole. Ma le attendeva tanto lavoro: andava “cardata” la lana per rifare i materassi del talamo; si iniziava a tessere la tela per cucire il corredo delle figlie; a “battere” i legumi sull’aia; a preparare le conserve con le poche verdure raccolte.

Intanto i pastori percorrono il tratturo in fila, uno dietro l’altro, ognuno col suo gregge. La sera, scaricate le masserizie dai basti dei muli, si attrezza lo stazzo con paletti e reti, si rifocillano i cani e si prepara il fuoco per riscaldarsi e cuocere la cena. Il pasto è semplice, povero, leggero: pane secco cotto nel siero avanzato dalla preparazione del formaggio e improfumato con qualche erba raccolta lungo la strada e insaporito con una grattata di crosta di pecorino; il tutto “riscaldato” da un sorso di quel vino aspro e dal colore indefinito che sa di casa.

Lungo il cammino i pastori si imbattono in casolari, stazioni di posta, piccoli villaggi, viandanti: qui si fanno affari. Si baratta qualche ricottina racchiusa in uno scrigno di vimini e di foglie di vite o una pecora irrimediabilmente ferita, in cambio di qualche forma di pane, un cesto di uova, qualche piede di insalata fresca, una gallina che non “feta” più: tutto quello che non sono riusciti a portare da casa e che servirà per diversificare la loro dieta.

l formaggio no. Quello non viene né consumato durante i pasti, né scambiato in occasionali incontri. Il formaggio è prezioso e verrà venduto solo a solidi e “soliti” compratori che li aspettano lungo il percorso o alla loro destinazione finale. 

LA RICETTA
Metto a cuocere 300 gr di sagnarelle in acqua bollente leggermente salata.
Taglio a listarelle sottili 150 gr di pancetta tesa, dopo averla privata della cotenna e delle parti gialle e la faccio rosolare in poco Olio extravergine fino a farla diventare croccante.
In una ciotola, schiaccio con una forchetta 400 gr di ricotta di pecora, aggiungendo 50 gr di pecorino grattugiato e un cucchiaio di acqua di cottura.
Quando le sagnarelle saranno molto al dente, spengo la fiamma e tolgo una parte dell’acqua in modo da ottenere la densità di una minestra.
E’ il momento di aggiungere il composto ottenuto con la ricotta e il pecorino.
A questo punto anche la pancetta dovrebbe essere pronta: bella croccante, la unisco alla minestra, insieme al grasso.
ascio riposare per qualche minuto e servo in ciotole ben calde con una spolverata di pecorino e una “nuvoletta” di pepe nero.

Carlo Gizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA