La testimone: «Ho sentito un gran tonfo, poi Giovanni ha gridato: assassino»

Giuseppe Di Martino, accusato di aver ucciso il padreLa testimone: «Ho sentito un gran tonfo, poi Giovanni ha gridato: assassino»
di Rosalba Emiliozzi
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Sabato 15 Giugno 2019, 12:28 - Ultimo aggiornamento: 12:33
Da oggi Giuseppe Di Martino è accusato di omicidio volontario. Si aggrava la posizione dell'architetto abruzzese in carcere dopo aver ucciso il padre per difendere la madre. Il capo d'imputazione è stato variato da omicidio preterintenzionale a volontario. Il padre Giovanni Di Martino, 73 anni, ex meccanico in pesione dopo anni di lavoro in Svizzera, ha tre lesioni pronfonde alla testa che gli hanno causato la morte. La sera tra giovedì e venderì Giuseppe, a sua detta, sarebbe andato a dividere i genitori che stavano litigando in casa, a Silvi Marina, perchè la madre Anna, 76 anni, aveva deciso di lasciare Giovanni e Silvi per trasferirsi a Domodossola con il figlio Giuseppe. Giovanni non aveva accettato questa decisione e, visto il furgone arrivare per prendere le ultime cose, ha aggredio la moglie, alzando le mani. Giuseppe avrebbe fermato il padre, affettandolo per il collo e gli avrebbe sbattuto la testa più volte contro il tavolino del salotto.

La scena agghiacciante udita da una testiomione che vive ne caseggiato di via Alighieri, a 200 metri dal mare. La donna racconta: «Stavo dormendo e ho sentito un tonfo fortissimo, tanto che ho pensato fosse caduta mia madre dal letto, sono corsa in camera sua, mia madre era sveglia e anche lei che sente pochissimo aveva udito il forte rumore e mi ha domandato: “Ma cosa è stato”. Erano le 23 circa di giovedì sera». Accando alla testimone ci sono l’anziana madre e un’amica. È ancora scossa per la morte di Giovanni, «una brava persona, riparava auto di corsa in Svizzera, era un bravo meccanico, sapeva fare tutto». Nel suo racconto c’è un particolare agghiacciante. «Subito dopo quel tonfo ho sentito Giovanni gridare: “assassino”. Poi si sentivano rumori di mobili spostati e la tv piano in sottofondo, per mezz’ora ho sentito parlare Giovanni ma non si capiva cosa dicesse, mentre si sentiva la moglie lamentarsi» prosegue la testimone, l’unica ad aver udito l’aggressione e quella parola - «assassino» - che potrebbe cambiare il corso delle indagini.

«Mi sono affacciata per capire se c’era qualcuno, ma non ho trovato nessuno. Ho pensato che forse era caduto davvero un mobile e stavano rimettendo a posto. Così sono rientrata in casa, ma non mi è venuto più sonno». La testimone ha conosciuto Giuseppe due anni fa quando «mi chiese la password del wifi per collegarsi e parlare con la convivente in Brasile». L'architetto, infatti, ha vissto per sei anni all'estero, ed era tornato in Abruzzo da poco tempo. La donna dice anche che il padre «era orgoglioso del figlio e spesso raccontava che aveva disegnato la struttura di una catena di distributori di benzina in Brasile». E ricorda anche che Giovanni era caduto in casa, qualche mese me, e si era fatto molto male. «Come è caduto? gli chiesi e Giovanni mi disse: non lo so, c’erano tutti vasi lungo le scale». 
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