Trent’anni fa la prima e unica visita ufficiale di un Papa sul Gran Sasso. Era stato già al traforo, ma non a Campo Imperatore. Era domenica, quel 20 giugno 1993, quando Giovanni Paolo II decise di recitare l’Angelus dal piazzale dell'albergo accettando l’invito dell’Associazione nazionale Alpini di ribenedire la piccola chiesa Madonna della Neve terminati i lavori di recupero. L’edificio sacro, realizzato nel 1934 per volere del cardinale Federico Tedeschini, versava da anni in stato di abbandono. Le Penne nere d’Abruzzo decisero di ridare lustro alla struttura perché vennero a conoscenza che il Santo Padre l’aveva notato durante una preghiera nelle sue visite "segrete" sul Gran Sasso, ben 111 volte arrivò per camminare o sciare in Abruzzo senza il crisma dell'ufficialità. E proprio tra una discesa e l’altra che uno dei maestri, con trascorsi da Alpino, manifestò il desiderio dell’Associazione. Il Pontefice calendarizzò l’appuntamento ufficiale con la sua amata montagna per la vigila del solstizio d’estate di tre decenni fa.
Atterrò con l’elicottero a Campo Imperatore e accolto dall’allora arcivescovo monsignor Mario Peressin visitò l’edificio sacro, lo benedisse e si inginocchiò in preghiera davanti l’altare come mostrano le fotografie all’interno. All’esterno testimonianze rimangono in una lapide affissa sulla facciata e sul rivestimento in bronzo del portone. Era davanti a questo edificio, ritenuto il più alto d’Italia tra quelli consacrati, la foto che Domenico Di Mario gli scattò e simbolo di Wojtyla sul Gran Sasso.