Secondo le indagini, la banda macedone-albanese era solita sotterrare (utilizzando un piccone rinvenuto dagli agenti), la cospicua quantità di sostanza stupefacente, acquistata anche a 9 mila euro alla volta. In prossimità del cimitero di Cavalletto d’Ocre e vicino al lago di Bagno, o nelle campagne di Roio, i luoghi dove di volta in volta lo stupefacente veniva tirato fuori all’occorrenza per essere poi tagliato. Non solo. Le carte dell’accusa raccontano anche la sfacciataggine di Selmani Tahir, il quale sottoposto agli arresti domiciliari per analoghi fatti di spaccio di droga, dopo la notifica della misura cautelare da parte degli agenti della Squadra mobile avrebbe ripreso a spacciare cocaina, (sei i casi contestati) servendosi all’occasione anche di complici quando aveva problemi ad uscire di casa. Secondo gli investigatori le prenotazioni avvenivano prevalentemente su Whatsapp con un linguaggio a volte “criptato” a volte no. Quando dovevano dissotterrare la droga, oltre al piccone la banda portava con sé un bilancino elettronico che chiamavano “asino”. Il prezzo di una dose era di circa 50 euro, “caramelle” il termine indicato le singole dosi di cocaina, “sassi” per 10 grammi, una mano o un palmo (cinque dita) per indicare altrettanti grammi, una birra piccola per indicare una singola dose da mezzo grammo.
Marcello Ianni
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