Decennale sisma 2009/ Scuole, centro storico, opere pubbliche: focus sulla difficile rinascita

Decennale sisma 2009/ Scuole, centro storico, opere pubbliche: focus sulla difficile rinascita
di Italo Carmignani e Stefano Dascoli
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Lunedì 1 Aprile 2019, 16:39 - Ultimo aggiornamento: 16:42
L'AQUILA - Se dieci anni vi sembrano tanti, il centro storico di L'Aquila immerso nella sua polvere permanente, fasciato di tubi e impalcature, riempito di sorrisi solo nelle notti della movida, vive immobile l'umiliazione del tempo e degli uomini dalle 3.32 del 6 aprile 2009, l'ora del terremoto. La scossa, di 6.3 gradi Richter, inghiottì 309 persone senza fare distinzione, come sempre accade, di sesso o di età. Da allora, dei suoi 9000 residenti ne sono fuggiti ufficialmente 3000, ma in realtà nel quinto centro storico italiano per bellezza, vivono solo poche centinaia di persone. E male.

I MODULI PROVVISORI
Cantiere a cielo aperto, circondata da borghi limitrofi abbandonati al loro destino, un turismo ormai quasi inesistente, già ricostruita con l'ostinazione di chi sapeva di mettere pietre e mattoni sopra una faglia sismica, oggi L'Aquila sembra ancora ferma all'immediato post emergenza. C'è vita quasi esclusivamente fuori dalla città antica, tra centri commerciali e strutture che via via si sono ricollocate in periferia. Anche la cultura, un tempo marchio di fabbrica dell'identità cittadina, è stipata in luoghi provvisori o di fortuna. Quindi le persone. Ce ne sono ancora 8.024 (fonte Comune) che vivono nei quartieri del Progetto Case fatti costruire da Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso, altre 2.149 nei Map, i moduli provvisori costruiti come casette di legno. Insediamenti che hanno salvato la città all'epoca della drammatica diaspora, quando, dieci anni fa, 30 mila persone furono traslocate negli alberghi della costa, ma che oggi, in molti casi, soffrono dell'usura del tempo, tra balconi marci e infiltrazioni, come della mancanza di adeguati servizi. Tanto per avere un'idea del tempo che non passa, dal 2009 al 2014 il Progetto Case ha ospitato 14 mila sfollati. A spanne, vuol dire che solo seimila di loro sono tornati a casa.

LA RICOSTRUZIONE
A umiliare ulteriormente il tempo della ricostruzione, vicino più alle dinamiche costruttive babilonesi che di quelle degli uomini moderni, è la sua doppia velocità. Quella privata ha tenuto ritmi costanti e piuttosto rapidi arrivando al giro di boa dei due terzi di realizzazioni. Quella pubblica, invece, soffocata dalle rigidità di un sistema di norme elefantiaco, è praticamente paralizzata. Solo per la città dell'Aquila sono stati chiesti 8,3 miliardi per 20.579 pratiche complessive (fonte Ufficio per la ricostruzione Usra). Di queste 24.945 sono state istruite, per circa 6,1 miliardi di cui 5,6 già concessi. Restano da esaminare 1.647 pratiche, circa 2 miliardi di lavori. Oggi ci sono 579 cantieri aperti, a fronte degli 8.263 conclusi e dei 1.537 ancora da aprire. Per la ricostruzione privata siamo, in soldoni, circa a due terzi del cammino. Sulla pubblica ci sono 2,1 miliardi finanziati sui 2,3 richiesti, ma solo 1,4 erogati. E poi ci sono le scuole, ancora nei moduli provvisori che nel 2009 evitarono al fuga in massa: i soldi sono in cassa, ma gli edifici ricostruiti si contano sulle dita di una mano. Con casi clamorosi come quello del glorioso liceo Classico, spalmato a lungo per ben cinque sedi. Nulla sorgerà invece al posto della Casa dello studente sotto la quale il sisma lasciò lo strazio di otto giovani morti.

IL CASO DEL CENTRO
Il vero buco nero della ricostruzione è quello legato al centro storico che fino al 5 aprile del 2009 costituiva il cuore pulsante della città, economico e sociale, con oltre 12 mila residenti, di cui 8 mila studenti fuori sede, e 1.200 partite Iva di varia natura. Oggi la ricostruzione fisica può considerarsi a metà strada: 2.032 pareri sulle pratiche emessi dall'Usra per gli immobili privati, 2,6 miliardi chiesti e 1,4 oggi concessi. Ma non basta. Ora a fronte di palazzi meravigliosi che tornano alla luce, e che forse faranno dell'Aquila una delle sessanta città più belle d'Europa, sono solo 86 le attività commerciali che hanno scommesso i loro risparmi sulla rinascita. Ma sono pionieri che vivono un momento di grande difficoltà. «Se continua così, ci arrendiamo - spiega Francesca Manzi, espressione di una delle famiglie storiche del commercio aquilano - mancano servizi essenziali, il Comune conosce già le nostre esigenze, anche se si tratta di servizi che non dovrebbero essere oggetto di particolari trafile». Servono parcheggi, un piano traffico per limitare i disagi legati al passaggio dei mezzi che vanno nei cantieri, mancano i cassonetti, i trasporti, le insegne. In una parola: servizi. «Questi pionieri sono stati coraggiosi dice Celso Cioni, direttore di Confcommercio hanno tentato con tutte le forze di restituire identità a loro stessi e al centro, dovendo affrontare tre terremoti: la crisi del 2008, il sisma del 2009 e quello del 2016. Purtroppo, dopo la prima stagione di sostegni, si è fatto poco e ora si rischia che gettino la spugna».

IL FUTURO
Se il presente è fosco, l'idea del futuro per ora fornisce solo speranze, ma almeno sono bellissime. La prospettiva della città della ricerca e della conoscenza può divenire la visione a lungo sbandierata, ma mai fino in fondo concretizzata. Ora gli elementi ci sono. Intanto, c'è un'Università che, seppur lentamente, ha ripreso a crescere: gli iscritti nel 2009 erano circa 25 mila, sono diventati oltre 26 mila nel 2014 anche grazie alle agevolazioni fiscali concesse dal Miur, per poi scendere a 18 mila nel 2017. Ma il 2018 parla di risalita intorno a 20 mila. A crescere è anche la qualità della didattica: l'Ateneo è stato scelto come partner per alcuni progetti strategici (come quello sull'auto connessa di Fca o il 5G con il colosso cinese Zte) a lungo termine. Il sistema della ricerca si è consolidato: il Gran Sasso Science Institute, una scuola di dottorato internazionale istituita dopo il sisma, è divenuta un polo di grande attrazione anche grazie alla collaborazione con l'Infn, l'istituto nazionale di fisica nucleare che ha nei laboratori del Gran Sasso il suo fulcro. Il polo farmaceutico (Sanofi, Menarini, Dompé), dopo aver riattivato la produzione in tempi record dopo la scossa, continua ad aumentare la produzione di compresse e soprattutto a imporsi nel panorama della ricerca mondiale. Tutto questo, però, al momento non produce effetti evidenti sull'occupazione che, anzi, continua ad arrancare nei dati. La provincia aquilana è quella con i dati peggiori in regione: nel 2018 sono state utilizzate due milioni di ore di cassa integrazione, contro le 1,3 del 2017. In un contesto paradossale: nel cantiere più grande d'Europa, che produce un volume di lavori vicino al miliardo l'anno, è proprio l'edilizia a soffrire. «È una vera e propria paralisi, c'è la certificazione che il sisma del 2009 è assolutamente fermo» è il mantra di Adolfo Cichetti, presidente dei costruttori Ance. Dieci sembrano tanti, ma un altro anno passerà, sotto la polvere immobile del centro storico un tempo destinato a diventare capitale europea della cultura. E ora icona mondiale dell'abbandono.

(1 - continua)
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