Inchiesta Bergamo, Claudio D’Amario sotto inchiesta per l’emergenza Covid

«Non conosco gli addebiti. Devo leggere le carte. Quando le avrò, vedremo».

Inchiesta Bergamo, Claudio D’Amario sotto inchiesta per l’emergenza Covid
di Angela Baglioni
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Venerdì 3 Marzo 2023, 10:45 - Ultimo aggiornamento: 10:46

C’è anche Claudio D’Amario, ex direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute nel 2020, e attualmente responsabile del Dipartimento sanità della Regione Abruzzo, tra i 19 indagati per epidemia colposa e rifiuto di atti d’ufficio nell’inchiesta della Procura di Bergamo, che intende fare luce sulle fasi iniziali, e su eventuali ritardi, nella gestione della pandemia di Covid19. Fino a ieri a D’Amario non era stato ancora notificato alcun atto. «Non conosco gli addebiti. Devo leggere le carte – ha detto -. Quando le avrò, vedremo». Insieme a D’Amario, per la cui difesa risulta nominato l’avvocato Felice Piccoli, sono indagati Angelo Borrelli, all’epoca capo della protezione civile nazionale, l’ex assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, l’ex direttore del welfare lombardo Angelo Cajazzo, oltre all’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della salute, Roberto Speranza.


È il 20 febbraio del 2020 quando a Codogno viene identificato il primo paziente; da quella diagnosi i casi crescono a valanga.

Il 23 febbraio sono già 300 i positivi, e nel giro di una settimana i casi sfiorano quota 4.000. L’arrivo del virus spaventa la popolazione del tutto indifesa, e impreparata, a fronteggiare il nemico che viaggia nell’aria, un nemico che all’epoca sembra anche invincibile. Anche le istituzioni si ritrovano a dover gestire una situazione difficilissima. Sono loro a dover prendere decisioni che andranno a impattare profondamente sulla vita del Paese, e in quel momento è un compito tutt’altro che banale. Il resto è storia recente, con i 188.094 morti segnalati finora in Italia dalla Fondazione Gimbe, di cui 3.926 in Abruzzo.

Ora la procura di Bergamo vuole fare chiarezza e capire se siano state rispettate le indicazioni del piano pandemico. In particolare, l’indagine si concentra sulle misure di prevenzione. Si indaga per capire se siano stati messi a punto, e attuati, «protocolli di sorveglianza per i viaggiatori provenienti da aree affette con riguardo ai voli indiretti, limitando la sorveglianza solo ai voli diretti per l’Italia», ma anche per sapere se sia stata verificata tempestivamente la dotazione di dispositivi di protezione individuali come guanti, mascherine Ffp2, Ffp3 e tute per il personale sanitario. L’ipotesi della procura si concentra anche sui presunti ritardi nell’approvvigionamento dei dispositivi, che avrebbero causato la diffusione “incontrollata” del virus nonostante «la raccomandazione di Oms del 5 e del 23 gennaio 2020; l’allerta di Oms e Paho (Pan American Health Organization) del 20 gennaio 2020; la dichiarazione del 31 gennaio 2020 con la quale l’Oms dichiarava che il coronavirus rappresentava un’emergenza internazionale di sanità pubblica».
Le ipotesi investigative, naturalmente, sono tutte da dimostrare. Il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, ha sottolineato che la scelta degli investigatori «è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, in un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati, e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico e amministrativo».
 

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