Indagati Covid, l'indagine di Bergamo su Brusaferro: «Propose di non attuare subito il piano pandemico»

Lo scrivono i pm di Bergamo nell'avviso di chiusura dell'indagine sulla gestione del Covid

Indagati Covid, l'indagine di Bergamo su Brusaferro (Istituto superiore Sanità): «Propose di non attuare subito il Piano pandemico»
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Giovedì 2 Marzo 2023, 16:08 - Ultimo aggiornamento: 16:38

Il direttore dell'Iss Silvio Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall'Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto «di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l'adozione tempestiva delle misure in esso previste».

Lo scrivono i pm di Bergamo nell'avviso di chiusura dell'indagine sulla gestione del Covid in cui Brusaferro è indagato per epidemia colposa e rifiuto di atti d'ufficio con, tra gli altri, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, Claudio D'Amario ex dg della prevenzione del ministero, e con Angelo Borrelli, ex capo della Protezione Civile.


Cosa è successo

L'allora capo della protezione civile, Angelo Borrelli, l'ex assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, l'ex direttore del welfare lombardo Angelo Cajazzo e Claudio D'Amario, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, sono indagati dalla procura di Bergamo per epidemia colposa per non avere, in concorso tra loro e con l'allora ministro della Salute, Roberto Speranza, per cui procede il tribunale dei ministri, rispettato le indicazioni del piano pandemico, nonostante «la raccomandazione di Oms del 5 e del 23 gennaio 2020; l'allerta di Oms e Paho (Pan American Health Organization) del 20 gennaio 2020; la dichiarazione del 31 gennaio 2020 con la quale il Direttore Generale di Oms dichiarava che il coronavirus rappresentava un'emergenza internazionale di sanità pubblica» e i documenti dell'Oms del 2014 e del 2017. Lo si legge nell'avviso di conclusione indagini della procura di Bergamo.


Il «no» alla zona rossa

Già a partire dal 28 febbraio 2020 il primo Comitato tecnico scientifico era a conoscenza dello «scenario più catastrofico per l'impatto sul sistema sanitario e sull'occupazione delle terapie intensive» in Lombardia dovuto alla diffusione del Covid. È quanto emerge nell'avviso di chiusura indagine firmato dalla procura di Bergamo e che conta 19 indagati. Nonostante questo, secondo i pm orobici, componenti del Comitato tecnico scientifico, tra cui Silvio Brusaferro, Franco Locatelli e Agostino Miozzo, non proposero «l'estensione delle misure previste per la cosiddetta zona rossa ai comuni della Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro».

 

Un 'no' alla zona rossa che arrivò nel corso della riunione del Cts del 27 febbraio 2020, nonostante "avessero ricevuto un rapporto aggiornato dei casi totali registrati a quella data in Lombardia pari a 401, con un incremento giornaliero, nel corso dei 5 giorni precedenti, di circa il 30%" mentre il giorno successivo si sarebbero limitati a proporre, «esclusivamente misure integrative» (tra le altre, sospensione degli eventi e delle manifestazioni sportive, chiusura dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine o grado) «senza, invece, proporre l'estensione delle misure previste per la cosiddetta 'zona rossa' ai comuni della Val Seriana», inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro", nonostante a quella data il Cts «fosse a conoscenza del numero di casi (531) registrati sino a quel momento nella Regione Lombardia e del relativo incremento rispetto ai giorni precedenti, e nonostante avessero a disposizione tutti i dati per stabilire che in Lombardia si sarebbe raggiunto il numero di 1000 casi dopo solo 8 giorni dall'accertamento del primo caso e che quindi bisognasse tempestivamente estendere anche ad altre zone le misure di distanziamento sociale della zona rossa».

Un no alla chiusura che, per la procura, ha determinato una diffusione incontrollata del Covid e un'impennata dei morti.

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