Abruzzesi nell'inferno del Venezuela,
forse un giovane tra gli arrestati

Abruzzesi nell'inferno del Venezuela, forse un giovane tra gli arrestati
di Stefano Dascoli
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Giovedì 29 Giugno 2017, 11:59
L'AQUILA - Potrebbe esserci anche un ragazzo abruzzese tra gli arrestati dall'Esercito nella situazione di estremo caos che sta vivendo il Venezuela. Le notizie giungono frammentarie: basti pensare che intorno alle 19 di ieri, ora italiana, sono stati interrotti anche i collegamenti Internet. Il ragazzo sarebbe un attivista rimasto invischiato per caso. Non avrebbe recitato, insomma, un ruolo nella Resistenza strutturata. Sarebbero in corso trattative e interlocuzioni per il rilascio. A spiegare al Messaggero la sofferenza della comunità abruzzese è Gianfranco Di Giacomantonio, giornalista ed esperto che ha vissuto a lungo in Venezuela ed è in contatto con i corregionali. Addirittura ci sarebbero una quarantina di richieste di asilo politico solo all'Aquila, ma i rientri sono resi difficoltosi dalla situazione e soprattutto dalle dimensioni dell'emergenza.

LA TESTIMONIANZA
«Per quanto riguarda la città di Maracay, l'ombelico della sommossa - racconta Di Giacomantonio - è stato sancito il coprifuoco. Dopo le 18 nessuno può uscire. Sono stati saccheggiati i supermercati e le farmacie più importanti. La città è messa a ferro fuoco. I saccheggi sono stati stimolati anche dall'Esercito, che per sette ore non è intervenuto. Solo in alcuni casi sono intervenuti per rubare generi alimentari e medicine. E' stato diffuso un messaggio da parte del gruppo civico militare che si è espresso contro il governo e ha invitato alla lotta armata. Ormai c'è uno stato di guerra civile, è stato ammazzato un poliziotto, 76 ragazzi hanno perso la vita dall'inizio delle manifestazioni, ci sono diversi giovani arrestati (tra questi, forse, un abruzzese, ndr)». I militari sono entrati in Parlamento, la giudice del tribunale supremo di giustizia è stata destituita perché contraria all'abolizione del Parlamento per far posto alle assemblee cittadine, una sorta di soviet.

IL DRAMMA
«La nostra comunità sta messa malissimo - dice Di Giacomantonio -. Qui all'Aquila ci sono un sacco di richieste di asilo politico. Chi riesce ad andarsene se ne va. Bisogna tener presente, però, che la nostra comunità è composta all'80 per cento da persone che sono riuscite a costruire qualcosa. Chi va via perde tutto, insomma. C'è chi ha mandato via i figli da mesi. La comunità italiana in generale vive momenti drammatici: soldi o non soldi, nessuno in questo momento ha da mangiare. La rivolta è popolare, non è più solo degli strati ricchi contro il processo che loro chiamano socialista». Di Giacomantonio racconta che ieri in uno dei supermercati saccheggiati è rimasta dentro gente. «La polizia ha iniziato a sparare lacrimogeni e i delinquenti hanno sparato a loro volta per far uscire le persone che saccheggiavano. Un mio amico italo-venezuelano, che ha i genitori di Teramo, è rimasto bloccato per tre ore con bambina piccola e non riusciva a muoversi. Era in mezzo alla guerriglia». Non è escluso che ci sia anche qualche abruzzese nella resistenza. «Noi - dice il giornalista - siamo in contatto con giovani studenti che hanno smesso di studiare perché non possono più. Adesso la gente non ha nulla da perdere. Quanto sarà lunga l'agonia dipenderà dai militari. Se capiranno che il presidente si indebolirà e la comunità internazionale darà dei segnali potranno anche mettersi conto, altrimenti non abbandoneranno i privilegi acquisiti: in Venezuela l'Esercito ha una tv, una banca, gestisce il petrolio. E' una casta privilegiata».

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