“I difetti fondamentali” di Luca Ricci: la stralunata compagnia degli scrittori

“I difetti fondamentali” di Luca Ricci: la stralunata compagnia degli scrittori
di Renato Minore
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Venerdì 13 Gennaio 2017, 17:39 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 16:24

Siete uno scrittore che ha collezionato ben trentacinque rifiuti editoriali, quasi un record, vi capita di affittare il vostro appartamento al più famoso agente editoriale del mondo. Ma poi al momento opportuno, dinanzi all'occasione della vostra vita creativa, quando gli sottoponete un testo in lettura, scegliete (per insicurezza, paura del giudizio o spavalda provocazione?) l'incredibile stralcio di una lettera infantile. Siete lo scrittore imberbe che riesce a imbucarsi nella mitica serata dello Strega, entrando addirittura con il gruppo di Dacia Maraini.
 







E lì vi capita di incontrare strani tipi, la ragazza ballerina, un collega molto d'antan e uno svitato che racconta storie assai buffe per scoprire poi che non esiste proprio quel tavolo dove pensavate di stare: dal Ninfeo a una gothic novel, il passo può essere breve, anche fulmineo. Siete lo scrittore di gialli acclamato, come d'obbligo in quest'epoca di bestselleristi noir e vi dannate (per invidia?) a seguire l'ingrata sorte del vostro collega impegnato nella vera ricerca letteraria che esordisce in una giornata di pioggia e che accompagnate con pelosa amicale carità in pochi giorni, fino alla sua definitiva scomparsa dalla scena libraia. Siete uno scrittore con moglie e amante tipo Bianciardi che parla di amore e noia e finisce poi in Versilia nel Golfo dei poeti, dove un bambino chiede insistentemente al padre cumenda della Brianza il nome di qualche poeta.


FANTASMI
Ma quanti scrittori si agitano nei racconti di Luca Ricci I difetti fondamentali (Rizzoli). Vivono e intrecciano storie d'amore perché in fondo la menzogna veniva via come la pellicola dorata d'un gratta e vinci e sotto c'era l'amore. Scompaiono e ricompaiono, come birilli continuamente in piedi inseguono realtà come se fossero fantasmi e fantasmi come se fossero realtà, coinvolti in quotidiane ed epiche imprese di sopravvivenza che hanno a che fare con lo stare insieme, l'annusare affetti e girare sempre intorno alla propria solitudine molto accompagnata.
C'è il rothiano cui è bastato scrivere un solo libro per ottenere ciò che gli altri ottengono dopo molti libri: ora che il risveglio dei sensi è andato di paro passo con affievolirsi della sua deontologia professionale, egli vive della luce riflessa da un suo giovane allievo, studente di lettere fuori corso e grande, anche se in parte virtuale, acchiappa femmine, pure la figlia del preside di facoltà tra le sue possibili prede. C'è lo scrittore continuamente rifiutato che aspetta invano un giudizio su un suo libro da un editor che dimostrerà interesse verso di lui solo quando non sarà più reperibile, prima al telefono e, poi, in vita.
C'è lo scrittore rintanato in casa a scrivere il suo romanzo in una lunga conversazione con la moglie a interrogarsi sul loro rapporto e sul senso e sui modi con cui continuare la sua pratica solitaria al tavolino, mentre a stento si accorge che giovani amanti non esitano a frequentare per i loro incontri il sottotetto e la terrazza condominiale. E conclude che la giusta distanza di un romanziere rispetto alla realtà è che non deve stare a guardare sempre in strada ma neanche solo dentro di sé, ma deve buttare un occhio sul pianerottolo.

LE TENEBRE
Con Saramago che cita, Ricci sa che gli scrittori lavorano nelle tenebre e come ciechi soppesano l'oscurità. È, questa, la sua giusta distanza. Lui ha deciso di portare un po' di luce su quelle tenebre, di muoversi dentro l'oscurità dove tutto si impasta e si confonde, il brusio inesorabile della vita e la folle rincorsa di chi vuole chiuderla dentro la rete della scrittura che si allarga all'infinito. Dal pianerottolo da cui li osserva volendo illuminare i loro difetti fondamentali, da cui li scruta, li pedina nelle abitudini, nelle sorprese e nelle insignificanze d'ogni giorno, nelle amicizie, nei riti familiari e di gruppo, nelle manie, questo bel manipolo di scrittori sono molto comuni e anche molto singolari. Banali, patetici e anche sorprendenti, prevedibili e anche imprendibili nell'ossessività con cui si insegue l'unica ragazza vestita di un campo nudista e si continua a regalare libri d'antiquariato a tutti, familiari e conoscenti, o con cui, per sfuggire dalla padella di una propria biografia non autorizzata, si cade nella brace di un assedio del gossip televisivo.
 
 


Lo scomparso, il manierista, la canonizzata, il folle: i tipi schedati da Ricci formano un'insolita buffa grottesca e stralunata commedia umana dove gesti e comportamenti scivolano via liquidi e inafferrabili, misteriosamente o banalmente incongrui. Dove può anche capitare che il famoso critico, nonché tuo compagno di vita, ti elogi sperticatamente in controtendenza quando sei un'acclamata narratrice di click-lit. E poi ti stronchi con pari violenza quando sei diventata, grazie alla sua designazione, un'ironica icona dell'intelligente restauro di antichi modelli letterari.

 

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