MARCIA
Ricci è molto bravo, quasi un cambio automatico di marcia, nel fare scivolare in una «storia di fantasmi» la spietata vivisezione fenomenologica dell'esaurirsi dei sogni di gloria amorosi. Perché il nostro scrittore in crisi anche d'ispirazione, che non fa nulla in pianta stabile, tanto meno scrivere libri, è parallelamente preso al laccio della nuova ossessione, rivolta a una foto che tiene in tasca, e per giunta vuole da essa di essere ricambiato. E' l'immagine di Jeanne Hébuterne, la compagna di Modigliani, suicida dopo la morte del pittore. Come un cuneo che s'incide nella ferita del disamore, per portare inaspettata linfa, «il viso tenebroso di Jeanne è la sintesi perfetta di ciò che ama più dell'autunno, il fulgore del buio». Quel ritratto è una sorta di navigator, indica la via al marito deluso che cerca l'impossibile fusione in molti modi, grazie al doppio che potentemente si è insinuato nella sua vita, sia quando torna a fare l'amore con la moglie, sia quando cerca una storia parallela in cui sembra riflesso il ménage di Modigliani, con sin golari analogie. Finirà come finirà, secondo un fatale declino illuminato dal modello di Maupassant La chimera, citato da Ricci come una sorta di governo ombra del racconto.
FELICI
Con molte pagine assai felici, quelle in cui è descritta la società letteraria assai disgregata, i suoi riti e i poveri critici schedati in una divertita tipologia, e le altre sul comportamento degli uomini dinnanzi ai camerini delle donne. Un tema affiora su tutti, le «terribili leggi dell'amore», l' «inguaribile relatività sentimentale»che nessun Einstein ha ancora potuto sistematizzare. E insieme la consapevolezza che, in questa perenne giostra di pensieri, emozioni, visioni, «ognuno di noi incarna una sola stagione e durante lo scorrere delle altre non fa che aspettare che torni la propria».
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