Deposito nucleare, la Regione Lazio insiste: «La Tuscia non è idonea»

Deposito nucleare, la Regione Lazio insiste: «La Tuscia non è idonea»
di Luca Telli
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Mercoledì 24 Novembre 2021, 13:34 - Ultimo aggiornamento: 13:46

Nessun avvallo al progetto né un silenzioso assenso. Dietro il forfait della Regione Lazio al seminario dell’8 e 9 novembre sul deposito nazionale di scorie nucleari promosso da Sogin c’è altro. Responsabile della rumorosa assenza sarebbe infatti il bug successivo all’attacco hacker che nei primi giorni di agosto aveva mandato in tilt il sistema informatico regionale.

 A spiegarlo è l’assessore alle Politiche Abitative, Urbanistica, Ciclo dei rifiuti e impianti di trattamento, Smaltimento e Recupero Massimiliano Valeriani. «La Sogin – spiega - ha mandato l’invito esclusivamente via email il 9 agosto, quando i server erano bloccati e i sistemi di posta elettronica erano fuori uso. Di fatto non ne siamo venuti a conoscenza».

Una spiegazione che forse non basterà alle associazioni civiche e ambientaliste dalle quali, subito dopo il seminario, erano partite critiche feroci e polemiche contro quella che era stata ritenuta una forma di inerzia del governo regionale.

«Polemiche strumentali – liquida Valeriani -. L’Amministrazione regionale ha ottemperato a tutte le richieste e gli atti fondamentali per esprimere il proprio disaccordo. Il Consiglio ha approvato alcuni ordini del giorno puntuali, il primo presentato dal consigliere Enrico Panunzi il 19 gennaio, mentre la Direzione per le Politiche ambientali e il Ciclo dei rifiuti ha inviato una relazione dettagliata con una serie di osservazioni tecniche».

Un disaccordo che la Regione Lazio non si risparmia di sottolineare al momento della pubblicazione della nuova carta dei siti idonei (il prossimo anno) percorrendo tutte le strade possibili per scongiurare la realizzazione del deposito da 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività che, ad ogni modo, qualche comune italiano dovrà ospitare. «Siamo pronti a intraprendere altre iniziative istituzionali e amministrative per salvaguardare la provincia viterbese».

La possibilità che nel nuovo documento la Tuscia resti fortemente interessata è una questione numerica prima di altro.

Con 22 siti (che toccano 14 Comuni e 7500 ettari in 2 macro blocchi) su 67 infatti il Viterbese conta più del 30% degli ipotetici siti ‘adatti’ e ‘molto adatti’.

«Ma questo non significa che sarà il Lazio ad ospitare il deposito – aggiunge Valeriani -. Il programma nucleare italiano ha coinvolto finora solo 4-5 regioni, che si sono fatte carico di ospitare le centrali e di conservare i rifiuti radioattivi a vantaggio di tutto il Paese. E questo carico viene ancora sostenuto soprattutto dal Lazio». Valeriani cita l’ex centrale nucleare di Borgo Sabotino, in provincia di Latina, e il Centro Ricerche dell’Enea Casaccia, nel Comune di Roma, dove sono custoditi i rifiuti speciali ospedalieri, Valeriani. Quindi aggiunge: «Condivido l’impegno del Governo per porre fine ai ritardi e chiudere la stagione del nucleare in piena sicurezza. Ma ribadisco che i Comuni viterbesi non sono idonei. La Tuscia vanta una forte vocazione agricola e turistica, un patrimonio naturale ed enogastronomico. Sono questi gli aspetti da difendere e valorizzare».

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