Presidente Merlani, secondo l’ultima analisi realizzata da Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore aggiunto, solo 22 provincie su 107 hanno superato i livelli di crescita pre Covid. Tra queste c’è anche la Tuscia: +0,04%. Come è stato possibile recuperare in tempi così rapidi?
«Ciò è mediamente correlato anche al fatto che produciamo meno rispetto ad altre zone, quindi perdiamo meno in momenti recessivi e guadagniamo meno in periodi di espansione. Per quanto riguarda i settori, oltre ad essere andati bene sulle costruzioni, grazie al buon utilizzo dei bonus, abbiamo avuto risultati buoni in tutti gli altri settori dell’economia, dall’agricoltura, ai servizi, ma anche nel settore industriale in senso stretto, con una buona spinta del distretto industriale di Civita Castellana».
Nonostante il dato generale positivo, Viterbo resta inchiodata nella parte bassa della classifica (78esimo posto) per valore aggiunto pro capite: 19mila euro contro i 27mila euro della media nazionale. Cosa significa questo?
«Il problema per la provincia è più di carattere strutturale che congiunturale, storicamente la provincia di Viterbo ha una forte vocazione agricola ed è stata solo sfiorata dai processi di industrializzazione. Oggi si sta reinventando con un nuovo modello di sviluppo che come tutti i processi strutturali ha bisogno di tempo per esplicare i suoi effetti».
La Tuscia cresce in quasi tutti i settori: agricoltura (+8,49%), costruzioni (+6,72%), industria (+6,22%). Segno negativo solo per i servizi (-2,05%), ma Viterbo si posiziona comunque al 24esimo posto. Qual è la sua analisi?
«L’agricoltura è una forte vocazione provinciale, un’agricoltura che sta cambiando volto e che attraverso la qualità certificata e la multifunzionalità sta cercando la sua strada, che sta dando alcuni frutti importanti.
Cosa ci aspetta nei prossimi mesi?
«La situazione purtroppo è grave, i rincari energetici stanno espandendo gli effetti inflazionistici su tutti i prodotti e servizi, dovrà assolutamente essere trovata una soluzione a livello europeo perché non credo ci sia la forza di farlo a livello nazionale. Tutto in un tempo molto breve perché il rischio è di creare un effetto a cascata sul sistema imprenditoriale locale».