Roma Universalis, il Colosseo svela l'impero dei Severi

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di Laura Larcan - Video Andrea Giannetti/Ag.Toiati

Settimio Severo nato in Libia, e Gulia Domna arrivata dalla Siria. Marito e moglie cosmopoliti, colti, visionari. Eccoli ad inaugurare la dinastia dei Severi nel 193 d.C., un'epopea innovativa per le sorti dell'impero romano. Caracalla, Elagabalo, Alessandro Severo, a questa famiglia venuta dall'Africa è dedicata la mostra Roma Univeralis, visitabile da oggi al Colosseo, e che si arricchisce di tappe novità lungo il Foro Romano e il Palatino. Un progetto «non evento effimero - avverte Alfonsina Russo direttrice del parco archeologico del Colosseo - ma organizzato per aprire in modo permanente luoghi non fruibili da anni».Perché quasi tutta la Roma antica che si vede oggi, prepotente e magnifica, è quella lasciata dai Severi, a partire dallo stesso Colosseo, ricostruito dopo l'incendio del 217. La mostra all'Anfiteatro Flavio, curata a sei mani da Clementina Panella, Rossella Rea e Alessandro D'Alessio, va affrontata come un prologo-racconto sul senso di questa dinastia durata un quarantennio (fino al 235 d.C.). Piccola ma con pezzi straordinari e ben orchestrati (con tanto di apparato multimediale), tra una galleria di busti ritratto emozionanti e i frammenti preziosi della Forma Urbis (la pianta del catasto) rinvenuti dai recenti scavi. «Raccontiamo i 40 anni epocali della dinastia - dice Clementina Panella - Con la Costituzione Antonina conferirono la cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi residenti nell'Impero, una sorta di Ius Soli ante litteram. Rivoluzionarono l'assetto viario e sfamarono la città facendo arrivare grano e olio». A loro vanno ricondotte la riforma monetaria, le guerre per proteggere le frontiere, il sincretismo religioso, l'importanza del ruolo della donna. Una boccata di ossigeno dopo la deriva di Commodo. Il percorso nel parco archeologico è una scoperta continua.

LA CASA DELLE MERAVIGLIE
Porte aperte alle cosiddette Terme di Elagabalo sulle pendici del Palatino, reinterpretate nel 2013 come palazzo per banchetti di Massenzio dalle scoperte di Clementina Panella, con la sua équipe della Sapienza: qui, in un insediamento stratificato di tre metri quadrati, riemersero 33 statue, tra cui un ritratto di Settimio Severo e un'erma a tre teste. Tutti esposti nel Tempio di Romolo. Coup de theatre, il Clivus ad carinas, riaperto dopo secoli, che dalla via Sacra porta al Templum Pacis. Come osserva Rossella Rea, «Il paesaggio regala un'atmosfera romantica, passando sotto la galleria del Ladrone, un luogo in origine buio che dava adito a comportamenti non leciti, usato fino al Medioevo». Qui si rivedono oggi le tabernae originali, e da qui si gode l'affaccio sull'aula di culto del leggendario Tempio della Pace «dove era esposto il bottino d'oro conquistato a Gerusalemme, e dove brillano ora i marmi del pavimento - continua Rea - che svelano tracce dell'incendio che, come racconta Procopio, distrusse l'edificio». E sempre qui, in un allestimento firmato da Barbara Nazzaro, si accende, spettacolare, la planimetria dei Fori. Suggestivo il percorso delle Arcate Severiane, fino alla Sala dei Capitelli: «Un ambiente che ospita la collezione di capitelli colossali del palazzo imperiale, considerato nell'800 una sorta di wunderkammer», dice Alessandro D'Alessio, che annuncia l'inizio dei restauri allo Stadio Palatino.