Pressioni per gli incarichi in tribunale a Spoleto, ecco come cambiano le accuse davanti al gup

Pressioni per gli incarichi in tribunale a Spoleto, ecco come cambiano le accuse davanti al gup
3 Minuti di Lettura
Giovedì 7 Gennaio 2021, 14:12 - Ultimo aggiornamento: 14:30

PERUGIA - Pressioni per ottenere incarichi in Tribunale, sarà il giudice per l’udienza preliminare di Firenze, fra un mese, a decidere se sussistano gli elementi per sostenere il processo a carico degli avvocati umbri Mauro Bertoldi e Nicoletta Pompei e del giudice civile Tommaso Sdogati.

La vicenda è quella delle presunte pressioni, operate a vario titolo dai due avvocati, verso il giudice ordinario di Spoleto, affinché intercedesse con un suo collega per l’affidamento di incarichi nell’ambito delle esecuzioni immobiliari. Un’indagine iniziata a Spoleto (titolare del fascicolo la dottoressa Michela Petrini), ma trasmessa quasi subito a Firenze per il coinvolgimento del magistrato. Ai tre indagati (per i quali la magistratura fiorentina chiede il rinvio a giudizio) viene contestata la corruzione, mentre nell’ordinanza di custodia cautelare con cui sono inizialmente stati disposti i domiciliari per Bertoldi e Pompei, a carico dei due avvocati viene ipotizzato anche il reato di traffico di influenze illecite. Per quest’ultima contestazione, tuttavia, la posizione della Pompei «è stata archiviata», come ha reso noto una dei suoi legali, l’avvocato Laura Bertoloni, aggiungendo: «La procura ha ritenuto la mia assistita totalmente estranea alla vicenda» del traffico di influenze illecite. Nell’indagine, esplosa poco più di un anno fa, è stato coinvolto marginalmente anche un secondo magistrato, la cui posizione è stata però già archiviata «per infondatezza della notizia di reato». 

LA CORRUZIONE
I ruoli dei tre indagati, nell’ambito del quadro accusatorio (ovviamente ancora tutto da dimostrare), vengono indicati così dai magistrati fiorentini: l’avvocato Mauro Bertoldi sarebbe il «corruttore», mentre l’avvocato Nicoletta Pompei, «collega di studio di Bertoldi e legata sentimentalmente al dottor Sdogati, l’intermediario tra quest’ultimo e Bertoldi». Infine il giudice Sdogati, destinatario delle pressioni, finalizzate a quanto pare a sensibilizzare l’altro magistrato affinché nell’assegnazione degli incarichi di delegato alle vendite tenesse conto dell’avvocato Bertoldi. Il giudice Sdogati è sempre stato indagato a piede libero (e non arrestato, come erroneamente riportato il 3 dicembre 2020): mai a suo carico sono state chieste, né applicate, misure cautelari, come abbondantemente riportato in questi mesi di cronache.

Come riferito durante le indagini, peraltro, in più di una intercettazione emerge l’insofferenza del giudice Sdogati di fronte alle richieste di interessamento della fidanzata, a sua volta pressata dal collega Bertoldi, interessato a ottenere gli incarichi di delegato alle vendite dal Tribunale di Spoleto. Un ruolo che, va ricordato, gli avrebbe consentito di ottenere lauti guadagni, ovviamente nel pieno rispetto delle tariffe in vigore. Guadagni che, come emerso dalle intercettazioni, Bertoldi aveva poi intenzione di spartire con la sua collega di studio, legata sentimentalmente al giudice: «Alla fine – dice Bertoldi alla Pompei in una intercettazione, comunicandole che le verserà la metà dei compensi – è sempre metà e metà eh, non è che… quello è l’accordo». Un accordo, ipotizzano gli inquirenti, che prescinde dallo svolgimento del lavoro da parte della collega Pompei. Infatti Mauro Bertoldi – scrive il giudice – afferma che il pagamento della metà avverrà «… fino alla morte, anche se non vieni più in ufficio, per dirti». E lo ribadisce dicendo: «per dirti, anche se non vieni più, quando me pagano è a metà…». Conversazioni, va ricordato, inserite negli atti di indagine, ma che dovranno essere contestualizzate e chiarite dagli interessati, con tutte le garanzie del caso. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA