Tre morti in ospedale per le flebo infette: quattro medici indagati

Tre morti in ospedale per le flebo infette: quattro medici indagati
di Egle Priolo
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Mercoledì 15 Gennaio 2014, 12:42 - Ultimo aggiornamento: 19:55
​PERUGIA - Le sacche sono infette e dai tubicini che finiscono nelle vene insieme a nutrimenti e medicine arrivano batteri letali.

Che a Perugia, all'ospedale Santa Maria della Misericordia, avrebbero ucciso tre persone in dieci giorni. E ora per quelle tre morti ci sono quattro medici indagati e per cui, dopo due anni e mezzo, il sostituto procuratore Paolo Abbritti ha chiuso le indagini condotte dai carabinieri del Nas coordinati dal capitano Marco Vetrulli. Nei guai due responsabili addette alla preparazione delle sacche, accusate di omicidio colposo e lesioni colpose, e due dirigenti che non avrebbero comunicato la positività di alcuni pazienti alle analisi per la presenza del batterio: per loro l'accusa è di omissione di atti di ufficio.Ora avranno modo di difendersi dalle accuse, assistite dagli avvocati Marco Brusco e Lino Ciaccio, per una storia davvero brutta iniziata nell'agosto 2011. Quando tre persone sono entrate in ospedale per farsi curare e sono morte per colpa del batterio pantoea agglomerans, organismo infinitesimale ma letale.



Un uomo e due donne, infatti, sono morti «a causa di sepsi - scrive il pm Paolo Abbritti - da pantoea agglomerans, contratta da nutrizione parentale». In pratica, la causa della morta è stata rilevata, dagli esperti nominati dalla procura, nella setticemia dovuta all'invasione dei microrganismi patogeni iniettati dalle sacche che invece avrebbero dovuto curare i pazienti. Le due responsabili infatti sono accusate di omicidio colposo perché «cooperando tra loro, con colpa generica costituita da imprudenza, imperizia e negligenza e con colpa specifica consistita nell'omesso rispetto delle procedure standard per la buona preparazione dei medicinali galenici dettate dalle prescrizioni della Farmacopea XI ed. e recepite dai decreti ministeriali 18.01.2003 e 22.6.2005, dalle circolari Aifa del Ministero della salute, dalle linee guida regionali per la buona preparazione dei medicinali, dalle linee guida Sifo e dai sistemi di gestione per la qualità (Iso 9001:2000)» avrebbero allestito «sacche da nutrizione parenterale infette da un batterio».Insomma, il pm Abbritti accusa le due responsabili di aver commesso errori tali da infettare le sacche. Tra i rilievi espressi dalla procura, alla fine delle indagini accurate svolte dai Nas, le due responsabili sono state indagate per «l'omesso rispetto delle procedure standard attestanti le operazioni di preparazione e gli aspetti microbiologici dei preparati, i controlli su ambiente, superfici e strumentazione tecnica». Accusate anche per «l'omesso rispetto delle procedure e la mancanza di registri attestanti le qualifiche e l'adeguato addestramento degli operatori, la ripartizione dei compiti e delle responsabilità del personale, il recepimento da parte del personale addetto al Laboratorio e alla Farmacia dei manuali d'istruzione d'uso delle apparecchiature scientifiche per la preparazione dei farmaci».



Il contagio. Una serie di negligenze, secondo le accuse, che avrebbero causato il decesso di tre pazienti ma anche la setticemia per altre sedici persone. Scrive il pm Abbritti nell'avviso di conclusione indagini che i due medici «cooperando nel contegno omissivo colposo» avrebbero allestito «all'interno del laboratorio sacche da nutrizione parenterale infette dal batterio», cagionando ad almeno sedici pazienti, tutti alimentati mediante nutrizione parenterale (tra cui quattro persone in particolare, ndr), uno stato di sepsi da pantoea agglomerans, comportante lesioni personali da cui derivava un malattia di durata non superiore a venti giorni». Aspetti su cui verte anche la lunga relazione dei periti Stefano Novati, infettivologo del San Matteo di Pavia, e Claudia Castiglioni, medico legale dell'Università Bicocca di Milano.Insomma, preparazione non a norma, pochi controlli sulle condizioni di sicurezza di ambiente e apparecchiature, più la poca informazione del personale addetto, di cui erano responsabili, avrebbe portato ai tre decessi. Conseguenza, secondo il pm, anche del comportamento delle due dirigenti accusate di omissione di atti d'ufficio. I due medici «avendo avuto anticipata contezza della positività di emoculture di pazienti affetti da sepsi dovuta la batterio pantoea agglomerans, dovendo per impellenti ragioni di igiene e sanità comunicate prontamente e senza ritardo tale grave circostanza al direttore sanitario e ai membri del Comitato delle infezioni ospedaliere in vista della tempestiva gestione dell'emergenza, indebitamente, omettevano di scambiarsi l'informazione e di riferirla alla direzione ospedaliera, così consentendo la diffusione del batterio in altri pazienti», con le conseguenze dei decessi e delle lesioni.Con la notifica dell'avviso di conclusione indagini, ora i quattro indagati, difesi da Marco Brusco e Lino Ciaccio (le parti offese, invece, si sono rivolte a Stefano Bagianti), avranno modo di chiarire la loro posizione prima della richiesta di rinvio a giudizio e dell'eventuale processo.
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