Perugia, l’animatore orco era già stato denunciato: non poteva essere assunto. «Ingannati da un curriculum falso»

Indagato dal 2019 per violenze su un’altra bimba: aveva il divieto di avvicinarsi ai minori. I titolari del campeggio: «Ingannati da un curriculum con informazioni false»

Perugia, l’animatore orco era già stato denunciato: non poteva essere assunto. «Ingannati da un curriculum falso»
di Michele Milletti
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Giovedì 2 Novembre 2023, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 00:25

L’inferno vissuto dove la vista abbraccia un piccolo paradiso, tra colline e pinete che si affacciano sulle acque del lago Trasimeno. L’orrore in un campeggio, lo scorso mese di agosto, con le parti intime mostrate a una bambina di 6 anni dopo essere rimasti soli. Come già accaduto ad Ancona nel 2019, con un’altra bimba, e per cui dopo anni di obbligo di divieto di avvicinamento ai più piccoli è stato condannato venti giorni fa a sei anni di reclusione con riconoscimento della semi infermità mentale. Gabriele Priori, 33enne della provincia di Ancona, assistito dall’avvocato Stefano Migliorelli oggi a Perugia racconterà la propria versione dei fatti al gip Piercarlo Frabotta circa le nuove pesantissime accuse di cui deve rispondere: aver costretto una bimba di sei anni a subire atti sessuali, lo scorso agosto, in un campeggio nel comune di Magione in cui era stato assunto da qualche giorno come animatore e in cui la piccola (non umbra) si trovava in vacanza assieme alla famiglia. 
Ma nel frattempo emergono fatti e interrogativi, che sembrano intrecciarsi in modo inquietante. Perché quel desiderio, dopo i fatti per cui è stato già condannato, si è evidentemente ripresentato sulle rive del Trasimeno con il gip che, nell’ordinanza d’arresto eseguita lunedì al termine dell’indagine scattata dopo i racconti della bimba, definisce «uno stato mentale patologico che lo rende del tutto arrendevole alla devianza sessuale pedofilia di cui è portatore». Con tanto di «numero rilevante» di immagini pedopornografiche trovate nel telefono che i carabinieri gli hanno sequestrato e dalle quali non è escluso possa emergere qualche elemento a sostegno dell’accusa principale. E allora gli interrogativi sono rivolti proprio all’assunzione di una persona senza alcun controllo.

Condanna e divieto 

I fatti, anzitutto. Incontrovertibili, almeno fino a prova contraria. Il giovane di Jesi, lo scorso 7 ottobre, è stato condannato a sei anni di reclusione al termine del processo scattato dopo la denuncia presentata dalla famiglia di una bambina di Ancona. I fatti risalgono all’ottobre del 2019. La piccola, che all’epoca frequentava la prima elementare, confida ai genitori le attenzioni particolari da parte del giovane maestro supplente. Non semplici abbracci, dice la Procura di Ancona, ma atti sessuali nei confronti della piccola alunna avvenuti in un momento in cui lei e il maestro si erano ritrovati lontani dal resto della classe. 
Nel corso dell’indagine all’uomo viene sequestrata un’agenda, cui poi si aggiungeranno anche quadernoni e diari da lui consegnati spontaneamente, in cui emergono racconti dei momenti trascorsi con i bambini citando anche quelli incontrati durante la giornata.

Scritti da cui, secondo gli inquirenti e gli investigatori della squadra mobile, non sembrano emergere ulteriori fatti a lui imputabili ma una personalità, caratterizzata da tratti infantili e dall’assenza di relazioni con i suoi coetanei. L’altro fatto è il divieto quasi immediato, e contemporaneo alla volontà espressa da Priori di autospendersi, da parte del giudice di Ancona di avvicinarsi ai plessi scolastici sia pubblici che privati. Insomma, con i bambini non poteva stare.

Mancati controlli

Ed eccoci agli interrogativi. Che corrono veloci lungo le sponde del Trasimeno e arrivano fino a Perugia: possibile che prima di assumere una persona come animatore in una struttura che l’estate si riempie di famiglie e bambini non si facciano controlli, specie se fai l’animatore per i più piccoli? La risposta i gestori della struttura, che da agosto a oggi non sono mai stati coinvolti nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Mario Formisano e portata avanti dai carabinieri della compagnia di Città della Pieve, la affidano direttamente al loro legale, Carlo Calvieri: «Anzitutto va sottolineato come, appena il papà della bambina è andato a raccontare quanto gli aveva detto la piccola e cioè delle molestie subite, i gestori abbiano immediatamente allontanato il soggetto e lo abbiano licenziato in tronco. E in secondo luogo sono stati a loro volta tratti in inganno da un curriculum d’eccellenza, poi chiaramente risultato falso, consegnato dall’uomo e in cui erano inserite molte e prestigiose esperienze lavorative in Italia e all’estero». Titolari del campeggio che insomma avrebbero completamente ignorato queste situazioni pregresse e cui la legge non imporrebbe alcun tipo di approfondimento specie in fatto di contratti stagionali come quello stipulato qualche giorno prima del presunto orrore. Con quella vacanza in quell’angolo di paradiso trasformata in un inferno.

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