Orvieto saluta "l'indiano". Il cordoglio per la scomparsa di Eugenio Paladini

Orvieto saluta "l'indiano". Il cordoglio per la scomparsa di Eugenio Paladini
di Monica Riccio
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Giovedì 10 Dicembre 2020, 01:11

Orvieto è un po' più povera. Nell'anno in cui tanti, troppi, rintocchi a morte hanno suonato le campane cittadine - non solo e sempre a causa del Covid – la scomparsa di Eugenio lascia tutti un po' più soli. Eugenio Paladini, 73 anni ancora da compiere, per tutti a Orvieto conosciuto come “l'indiano” se né andato la mattina dell'8 dicembre, esattamente come tanti anni fa è arrivato in città, in silenzio, con il garbo delle persone cortesi e gentili. A spezzarne l'esistenza un male incurabile, che in lui è cresciuto fino a strapparne via il corpo, ma non l'anima, quella no.

Nato il 30 dicembre 1947 a Castiglione in Teverina, Eugenio si trasferì quasi subito a Gradoli dove il padre era fornaio e poi a Monterubiaglio, dove continuò l'attività del forno. Ma Eugenio era uno spirito libero, un'anima buona e bella che non voleva dipendere da nessuno, e così per lui cominciò una seconda vita, quella di autista per una ditta di trasporti. Viaggia, Eugenio, in Italia e all'estero, poi si ammala, e per un lungo periodo deve lasciare il lavoro; rimessosi si mette in proprio ma le cose con il camioncino non vanno come lui avrebbe sperato.

La discesa è inesorabile, e Eugenio le scende tutte le scale che gli mette davanti la vita, con dignità, e per scelta. Inizia così la sua terza vita, in strada; non è infrequente vederlo seduto con la sua immancabile sigaretta tra le dita, in piazza del Commercio, o alla stazione, o a piazza della Repubblica a chiacchierare del più e del meno.

Scuro in volto, a prima vista schivo e rude, con la fronte solcata da rughe, i lunghi capelli bianchi, “l'indiano” non importuna nessuno, non chiede, non cerca, è di una gentilezza disarmante e sorride a tutti quelli che lo salutano, anche solo con un cenno della mano. Gentile, sempre, discreto e piacevole interlocutore, Eugenio viveva la vita così, con semplicità, senza pretese, senza obiettivi, senza una casa, senza alcun bisogno se non quello di esserci.

Negli ultimi tempi era però arrivata la stanchezza, forse una prima avvisaglia del male, così Don Luca Conticelli, parroco della parrocchia di Sant'Andrea lo aveva preso in casa con sé. Un mese fa circa il ricovero in ospedale, e poi la scoperta del poco tempo rimasto per lui in questa vita. Infine il ricovero nella “Casa Natività di Maria” di Morrano, dove ieri, con lui, si è spenta l'ultima sigaretta. Orvieto lo ha salutato mercoledì 9 dicembre, nella chiesa di Sant'Andrea. Mancherà a tutti, perché c'era, c'è, e ci sarà. Seduto sulle scale della chiesa di San Giuseppe. Sigaretta tra le dita, occhi tristi, non addolorati, occhi sempre accesi sulla città, quella città che per lui avrebbe voluto fare di più, se solo lui lo avesse permesso.

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