Cambridge, scoperta da scienziati di Harvard la proteina che può bloccare la diffusione della malaria

Cambridge, scoperta da scienziati di Harvard la proteina che può bloccare la diffusione della malaria
di Antonio Bonanata
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Venerdì 8 Maggio 2015, 13:37 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 19:44
Un lavoro durato cinque anni; un team di scienziati della Harvard School of Public Health e del Broad Institute di Boston; un nemico da sconfiggere: la malaria. Sono queste le tre coordinate della ricerca che ha portato a scoprire un’importante proteina, con cui si potrebbe arrivare alla definitiva sconfitta della malattia. Il risultato è infatti incoraggiante e promette di avvicinarsi all’obiettivo decisivo: la fine di una delle infezioni più gravi, che ancora oggi affligge vaste parti del pianeta, in primis l’Africa.





La proteina scoperta, la CD55, blocca il processo di diffusione del parassita portatore della malattia. Dopo essere stato inoculato nel sangue attraverso la puntura della zanzara anofele, il plasmodio della malaria attacca la superficie dei globuli rossi, li penetra e se ne serve per moltiplicarsi.



Ed è proprio sulla superficie delle cellule del sangue che è possibile riscontrare la presenza della CD55, la quale risponde a un segnale del plasmodio malarico; in sua assenza, non c’è modo che esso vi faccia ingresso e si diffonda, scatenando la malattia. È una sorta di chiave che, inserita nella serratura, consente di aprire la porta. Gli scienziati di Harvard hanno verificato che, tappando la serratura, nessuna chiave può consentire alla malaria di farsi largo nell’organismo.



Ecco perché il prossimo obiettivo dei ricercatori impegnati nella lotta contro questa devastante malattia sarà trovare un farmaco che, unito alla CD55, ne blocchi il procedimento invasivo e riproduttivo. Ma una delle controindicazioni che già da ora vengono paventate dagli esperti consiste nel rischio di compromettere una funzione fondamentale del sangue: quella di coagularsi.



Il professor Alfred Cortés, esperto di malaria presso l’Istituto di salute mondiale di Barcellona, suggerisce quindi di «identificare anche la proteina del parassita che interagisce con la CD55, cosa che permetterebbe di bloccarla selettivamente, senza interferire con la funzionalità dei globuli rossi».



Un’altra opzione sarebbe quella di studiare i recettori del parassita che si uniscono alla proteina e usarli per stimolare il sistema immunitario, producendo un vaccino efficace contro il plasmodio malarico. Ma ad oggi, dopo anni di ricerche, non esiste ancora un farmaco che fermi l’unione del parassita con i globuli bianchi. Si è provato con l’eparina, che è stata efficace nel contrastare la sua adesione ai globuli rossi; questo processo però comprometteva la coagulazione del sangue, come il professor Cortés faceva appunto notare.



Leggendo gli ultimi dati disponibili, forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità, la malaria ha fatto registrare 198 milioni di nuovi casi nel 2013, causando 584 mila decessi. Di questi, il 90 per cento è avvenuto in Africa e il 78 per cento ha riguardato bambini con meno di cinque anni. È pur vero che dall’inizio del secolo la mortalità è stata quasi dimezzata, ma lo step più importante (la produzione di un vaccino) è ancora di là da venire.