Tommaso Allan, vita da mediano
«Il rugby e Gandhi sono la mia forza»

Tommaso Allan in meta contro l'Australia (Foto di Daniele Resini)
di Paolo Ricci Bitti
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Venerdì 22 Novembre 2013, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 17:12
ROMA - Un rugbysta gandhiano? Avere pi di una singolarit lo rende gi discretamente un’eccezione, ma Tommaso Allan, il ventenne che domani all’Olimpico partir titolare contro l’Argentina, ne aggiunge una che non avevamo mai sentito. Mica perché il rugby sia il regno degli attaccabrighe, anzi, è ritenuto sport educativo per eccellenza, ma, insomma, in campo c’è da essere belli aggressivi, per quanto sempre nel rispetto delle regole.



Allora, Tommaso, come mai a 18 anni ha deciso di farsi tatuare sul braccio destro la frase-manifesto del Mahatma: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”?

«Per me ha scelto il destino che sbaglia di rado - racconta qualche istante dopo essere diventato, con appena due scampoli di partite alle spalle, la prima scelta per il pesante numero 10 del ct Brunel, che ieri sera ha ospitato Rudi Garcia all’Acqua Acetosa - Dunque, ero ragazzino in gita a Venezia quando ho letto quella frase sullo striscione di una manifestazione sindacale: gente che lottava per difendere il posto di lavoro. Me la sono messa in mente così, senza sapere chi l’aveva detta».



Poi?

«Poi il rugby mi ha portato in Sud Africa, dallo zio John (tallonatore di Scozia e Springboks, ndr). Abita a Durban e lì ho scoperto l’autore di quella frase. Gandhi in quella città, tra l’800 e il ’900, fece esperienza come avvocato prima per le questioni economiche e quindi per i diritti umani».



E così arriviamo al tatuaggio?

«No, non ancora - dice lo studente di Economia a Londra - tra una partita e un compito in classe ho continuato a ragionarci, ma senza perdere il sonno, ero ancora un ragazzino».



Invece adesso, dall’alto dei vent’anni?

«Solo in Italia vent’anni sono pochi, all’estero no. Dunque: c’è Scozia-Inghilterra under 18 e gli scozzesi mi convocano. Beh, negli spogliatoi entra l’allenatore Simon Cross che consegna a ognuno dei giocatori la frase di un personaggio famoso. Una diversa per ciascuno. E quale capita a me?». Allora è così, è stato proprio il destino. Poco dopo mi sono fatto fare il tatuaggio e ho cominciato a leggere un libro dopo l’altro sul Mahatma. Un’ispirazione per la vita, rugby compreso. E oggi noi azzurri e gli argentini incontreremo Papa Francesco: amo il suo modo di impegnarsi per i diritti dei più deboli».



La frase - ricordiamolo - è stata tatuata in italiano, il che non era scontato visto che Tommy è nato e cresciuto a Vicenza fino agli otto anni, subito minirugbysta, poi ha vissuto, studiato e giocato in Inghilterra, in Sud Africa («Laggiù sei sbagli un placcaggio sei morto», ricorda) e in Scozia per approdare adesso alla serie A in Francia (biennale a Perpignan) dove il suo mentore è Hook, stella del Galles. Manca solo un po’ di verde d’Irlanda ed ecco il Sei Nazioni. Singolarità in serie, come il suo Dna, assemblato dalla mamma Paola Berlato, 4 caps con le azzurre e fotografa di grande fascino, e dal papà William, scozzese-sudafricano, consulente finanziario, il che fa di Tommaso il primo nazionale al mondo nato da una nazionale.



Da una singolarità all’altra, resterebbe a questo punto da battere l’Argentina domani alle 15 all’Olimpico.«Li aggrediremo fin dal primo minuto» promette il rugbysta gandhiano.
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