Vito Dell'Aquila, il primo oro azzurro è "figlio" del vaccino

Vito Dell'Aquila, il primo oro azzurro è "figlio" del vaccino
di Gianluca Cordella
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Domenica 25 Luglio 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 09:18

dal nostro inviato

«Scusate, sto parlando male…». Ecco a voi la semplicità di Vito Dell’Aquila, prima medaglia d’oro dell’Italia alle Olimpiadi di Tokyo. Ha appena battuto 16-12 il tunisino Jendoubi nella finale del taekwondo, categoria 58 chili. Ha sfogato la gioia com’è normale che sia, specie per un ragazzo di 20 anni, e davanti ai microfoni incespica come non ha fatto mai sul tatami. È anche il primo oro della Generazione Z italiana. «Davvero? Allora mo divento famoso». Quelle sono statistiche; famoso Dell’Aquila lo diventerà indipendentemente, dopo questo risultato. Prima medaglia “virtuale” di Italia Team dopo la vittoria in semifinale che gliene garantiva con certezza una, seconda in senso cronologico visto che Gigi Samele è stato più lesto di lui a mettersi al collo il suo argento nella sciabola. Due medaglie del Sud: da Foggia lo sciabolatore, da Mesagne Vito. Già, la stessa provincia di Brindisi dalla quale è partito anche Carlo Molfetta, oro a sua volta nel taekwondo a Londra 2012. Non solo: i due sono usciti anche dalla stessa palestra, quella del maestro Roberto Baglivo.
TUTTO UN ALTRO VITO
Non è l’unico dei “corsi e ricorsi” della vita di Dell’Aquila (che sui social gigioneggia il giusto inglesizzandosi, Vito of the eagle). Il secondo ce l’ha nel nome. Vito Dell’Aquila era anche suo nonno, scomparso un mese fa. A quanto pare, quello che più di tutti ci aveva visto lungo. «Mi manca moltissimo. Diceva sempre “Vito vincerà, Vito vincerà”. Aveva ragione lui». Eccome, Vito vince e meno male. Perché significa che lo sport italiano ha trovato un campione ma soprattutto che non ha perso un ragazzo che il Covid stava rischiando di spezzare. Le chiusure a raffica, le gare che saltano, poi il contagio. «Il 2020 è stato davvero pesante, noioso. Mi sembrava di non esserci più con la testa. Poi da quest’anno mi sono ritrovato». Grazie anche all’aiuto di Giuseppe Pizzolante, psicologo della Federazione taekwondo che Vito ringrazia pubblicamente. Poi, come detto, la morte del nonno, cui dedica la medaglia. Nella drammaticità del tutto, nessuno meglio di lui poteva sposare la campagna pro vaccino che aveva anticipato nei giorni scorsi il presidente del Coni Giovanni Malagò. «Mi sono vaccinato dal Covid per venire a Tokyo a prendermi un oro olimpico. Sono sincero: io avevo un motivo in più. Ma aderisco molto volentieri alla campagna lanciata dal presidente per promuovere la vaccinazione: è giusto che lo facciano tutti».
PREDESTINATO
Quest’oro in qualche modo Dell’Aquila ce lo aveva nel destino, essendo nato nel 2000, anno in cui il suo taekwondo debuttava a Sydney da disciplina olimpica.

Cresciuto, come dice lui, «in una famiglia umile che mi ha insegnato che ti devi guadagnare sempre tutto». Quel “tutto” inizia a costruirlo a 8 anni, quando entra per la prima volta nella palestra New Marzial. Ne passano appena di più e, a 17, si mette al collo il bronzo ai Mondiali di Muju. Che bissa l’anno dopo agli Europei di Kazan. Passa ancora un anno e alla rassegna continentale si va a prendere l’oro. Sul talento non c’erano dubbi: era tra i favoriti della spedizione azzurra per una medaglia a Tokyo 2020 già quando i Giochi erano davvero nel 2020. Trascorso ancora un anno e superato il tunnel della depressione da Covid è tornato più forte che mai. E ora tutta Italia festeggia con lui. Fanno festa la sua Puglia, il Corpo sportivo dei Carabinieri, di cui fa parte dal 2018, il governo italiano, con i ringraziamenti a nome dell’Italia da parte della sottosegretaria Vezzali. Visto, Vito? Sei già diventato famoso.

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