Da regina degli scandali a casalinga: i cinquant’anni di Tonya Harding

Da regina degli scandali a casalinga: i cinquant’anni di Tonya Harding
di Mario Nicoliello
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Giovedì 12 Novembre 2020, 07:30

Quel triplo Axel che avrebbe potuto proiettarla in paradiso in realtà l’ha scaraventata all’inferno. La lama del pattino anziché essere una fionda verso l’empireo si è trasformata in un boomerang, così il passaggio dalle stelle alle stalle è stato immediato. Tonya Harding avrebbe potuto riscrivere la storia del pattinaggio artistico sul ghiaccio, invece la gelosia e l’invidia hanno avuto il sopravvento sulla tecnica e la grinta, tanto che l’oggi cinquantenne americana (è nata il 12 novembre del 1970) festeggia il mezzo secolo di vita nell’anonimato. 


UNA STORIA DIVENTATA FILM 
Voleva essere una pattinatrice di successo, ma si è ritrovata sola e abbandonata. Poteva sfruttare le sue doti naturali, invece è andata oltre il lecito, per arrecare un danno alla rivale Nancy Kerrigan. Dopo i tristi fatti del 1994, Tonya Harding ha continuato ad avere problemi con la legge, ha cercato di diversificare la sua esistenza recitando in un film (Ultimo contratto di Sean Dash nel 1996), incidendo un disco e indossando, all’inizio del nuovo millennio, i guantoni della boxe. Ma non era il ring il suo terreno di caccia, lei riusciva ad esprimersi solo sul ghiaccio, quel manto bianco che le ha regalato dapprima la gloria e poi l’onta. Onore e disonore che il regista Craig Gillespie ha raccontato nella pellicola autobiografica intitolata semplicemente “Tonya”, nella quale l’attrice Margot Robbie ha interpretato lo scomodo ruolo di una teenager, il cui volto alla fine degli Anni Ottanta era nelle camerette di tutte le ragazzine statunitensi appassionate di pattinaggio figura. Erano i tempi dominati dalla soavità di Katarina Witt, quando questo sport invernale significava impressione artistica e non merito tecnico, un’epoca contraddistinta più dalla bellezza dell’esercizio piuttosto che dal numero di salti. Contava la grazia, non la forza, per ammaliare le giurie. 
QUEL TRIPLO AXEL FINITO MALE 
È in questo conteso che Tonya Maxene Harding da Portland riesce a farsi strada inzeppando il suo programma di difficoltà tecniche. Dopo la giapponese Midori Ito, l’atleta dell’Oregon è la seconda donna al mondo ad eseguire il triplo Axel in una competizione ufficiale. Si tratta del più difficile dei salti della disciplina, giacché è l’unico in cui l’atleta salta pattinando in avanti e non all’indietro, dovendo quindi aggiungere una ulteriore mezza rotazione. Fino a quel tempo le ragazze si erano spinte al doppio, Tonya padroneggia il triplo, ma pecca inevitabilmente sulle figure obbligatorie: ha la potenza, le manca l’eleganza.

Per sua fortuna i codici dei punteggi nel 1990 vengono aggiornati e così dal 1991 il suo potenziale può essere sprigionato: diventa campionessa americana e vicecampionessa del mondo. L’anno successivo ad Albertville la medaglia olimpica sfuma per un soffio, ma quel quarto posto anziché rappresentare uno stimolo al miglioramento è l’inizio della parabola discendente, aggravata da un matrimonio (con Jeff Gillooly, che aveva sposato per scappare dalle violenze della mamma) finito anzitempo in frantumi. Lascia l’attività, fa la cameriera, poi decide di tornare per i Giochi di Lillehammer. L’evento che le segnerà in negativo la vita capita nel 1994, quando nella calza della Befana la sua nemica Nancy Kerrigan trova un aggressore, ingaggiato dall’ex marito di Tonya, che le ferisce il ginocchio destro con un manganello.


L’AGGRESSIONE ALLA KERRIGAN 
La polizia accerta la responsabilità della Harding nella vicenda, ma lei nega di averla ideata, ammettendo soltanto di esserne a conoscenza. Il suo volto viene sparato su tutte le copertine e l’opinione pubblica la dichiara colpevole. Ai Giochi di Lillehammer va lo stesso, perché minaccia una causa legale contro la Federazione in caso di esclusione, ma in Norvegia cade e supplica i giudici di farle ripetere l’esercizio perché le si era rotto un laccio del pattino. Riparte daccapo, ma le votazioni non le consentono di spiccare il volo. La nemica Kerrigan, nel frattempo ripresasi, fa decisamente meglio, ma il trionfo le viene negato dalla carneade ucraina Oksana Bajul. Chissà se Tonya dentro di sé gioisce per quell’oro perso dalla connazionale. Fatto sta che al ritorno in patria svuota il salvadanaio per pagare la penale che le evita il processo. Negli Stati Uniti viene bandita a vita dalle competizioni sul ghiaccio, mentre la Federazione internazionale la considera persona non gradita. Sempre in quel tragico 1994, una video con Tonya in topless in camera da letto viene mostrato in tv mentre alcuni fotogrammi della scena finiscono sul Sun: si scoprirà poi che a fornire il materiale è stato Gillooly. Il resto della sua vita sono quisquilie, per una donna ormai marcata in negativo. Il circo mediatico la squalifica per sempre, lei si ritira nell’ombra. E oggi, madre a tempo pieno, spegnerà le cinquanta candeline lontana dai riflettori. 

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