Raffella Carrà, Chiara Dello Iacovo è protagonista di Raffa in the Sky: «Non sapevo nulla della star»

L'attrice piemontese, 28 anni, in scena al teatro Donizetti di Bergamo dal 29 settembre: "Ha creato un modello femminile che prima non c’era"

Chiara Dello Iacovo, 28 anni, protagonista di Raffa in the Sky al teatro Donizetti di Bergamo
di Simona Antonucci
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Mercoledì 27 Settembre 2023, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 16:57

«Ho uno strano ombelico. Più da bambino che da donna. Forse non un è granché, ma a me è sempre piaciuto. E, ora, incredibilmente finisce sotto i riflettori e vive il suo momento di gloria». Chiara Dello Iacovo, 28 anni, attrice («mi sono formata con il teatro povero di Gabriele Vacis, un altro mondo»), cantante («ho un sacco di nuovi brani, ma non mi si fila nessuno»), performer («non proprio una ballerina, ma mi muovo discretamente») è la Raffaella Carrà del 2023, protagonista di “Raffa in the Sky”, la prima opera lirica che ha come eroina una figura iconica della televisione italiana: la regina di Carramba torna sulla Terra nei panni di una marziana per salvare un’umanità disastrata.

 

Atterraggio sul palco in tuta da palombaro (vedi Barbarella di Roger Vadim) e poi Tuca Tuca, arie e concertati, al Teatro Donizetti di Bergamo dal 29 settembre (anche su Rai 5 alle 21,15) all’8 ottobre (repliche il primo e il 6 ottobre). Un’interpretazione del mito Carrà «assolutamente inedita, che sarebbe molto piaciuta a Raffaella», commenta Sergio Japino, regista e coreografo a lungo suo compagno di vita e di lavoro. La musica è stata scritta dal giovane compositore Lamberto Curtoni, allievo di Sollima.

Il libretto è di Renata Ciaravino e Alberto Mattioli, da un’idea di Francesco Micheli che firma anche la regia dello spettacolo: «Ci siamo chiesti: quale personaggio contemporaneo avrebbe scelto Donizetti?», racconta Micheli, «la risposta è stata, Raffaella Carrà. Una donna scomoda come Lucia di Lammermoor: entrambe hanno creato scompiglio nella società. Mi auguro che si torni a fare opere che parlano di oggi. Spero che dopo quella sulla Carrà, ne arrivino sulla Montessori, su Mina. Abbiamo bisogno di nuovi miti».

Commissionata e prodotta dalla Fondazione Teatro Donizetti per Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, Raffa in the Sky non è un musical né una biografia in musica, ma il racconto di una carriera artistica che ha accompagnato, e talvolta stimolato, le trasformazioni della società italiana dell’ultimo mezzo secolo. A interpretare quest’opera «che fonde il pop trascinante della Carrà», spiega Mattioli, «con le forme liriche più tradizionali», un cast di cantanti lirici, Carmela Remigio, Gaia Petrone, Dave Monaco, Haris Andrianos, Roberto Lorenzi, diretti dal maestro Carlo Boccadoro, i danzatori della Fattoria Vittadini. E Chiara Dello Iacovo, attrice piemontese diplomata allo Stabile di Torino, cantante con partecipazioni a Musicultura 2015 e al Festival di Sanremo, Nuove Proposte 2016: «Io sono l’unica che canta pop. Dopo aver fatto la figurante in una Medea, sempre di Francesco Micheli, avevo giurato a me stessa che con l’opera non avrei avuto più niente a che fare. E invece».

L’opera non la gradisce, Raffaella almeno le piace?

«Non sapevo quasi nulla di lei. Mia madre ha sempre ascoltato i cantautori italiani, mio padre il rock psichedelico. Mia nonna sì, era una sua fan con il caschetto biondo e frangettona. All’inizio, quando ho cominciato a studiare qualcosa dai programmi tv, pensavo: ma come faccio a fare questa roba? Ma quando sono entrata nei suoi panni, mi sono resa conto di quanto la sua musica, le sue canzoni, il suo di ballare fossero liberatori da matti».

Perché?

«Era portatrice di una femminilità difficile da accettare, persino per le donne.

Lei era così, e non per lo sguardo maschile, ma per sé. Mai ammiccante. E ha sedotto tutti».

Secondo lei perché è diventata un’icona trasversale?

«É un’icona del mondo queer perché ha un’idea molto libera del proprio corpo, simile ai principi del pride: il corpo è mio, ne godo io, non me ne vergogno...».

Almodovar ha detto: la Carrà non è una donna, ma uno stile di vita. Lei che cosa ne pensa?

«Ha rivoluzionato il costume italiano. Certo nulla si fa da soli. Sicuramente ha interpretato lo spirito del tempo. Di fatto ha creato un modello femminile che prima non c’era. E lo ha reso legittimo. Non tutte le rivoluzioni vanno fatte a mano armata».

Con l’ombelico?

«Ma anche con la minigonna di Mary Quant prima o con la moda punk dopo. Nel Settanta c’erano i cortei per il divorzio, poi l’aborto. La Carrà da sola non sarebbe bastata. Ma con il sorriso ha aperto molte gabbie».

Melodramma e “Come è bello far l’amore, Raffaella che arriva dallo spazio e una famiglia di immigrati dal Sud al Nord Italia: che storia è?

«Una “fantaopera”. Una favola. Con un’aliena che arriva sulla terra, spedita dagli Dei del pianeta Arkadia, dove abitano gli spiriti immortali degli artisti, per cercare di salvare un’umanità disastrata. Dopo vari tentativi falliti mandano una donna a predicare Peace & Love».

E durante il viaggio di Raffaella nel nostro mondo che cosa succede?

«Come in un romanzo di formazione Raffa comincia a capire che cosa vuol dire essere umana e poco per volta si emancipa dai padri. Resta in collegamento con Arkadia con una ricetrasmittente che sta proprio sull’ombelico, fino a che non decide di buttare tutto e fare il suo percorso in solitaria. Nel terzo atto, la liberazione dai “padri” e la decisione di restare umana, donna».

E la famiglia al Nord?

«La vita della Carrà s’intreccia con quella di Vito, Carmela e il figlio Luca che attraverso la predicazione dell’aliena cambiano, si svelano a loro stessi».

Come si lega tutto questo alla figura della star televisiva?

«La drammaturgia dell’opera richiama il cammino e la carriera di Raffaella: cantante, soubrette fino alle trasmissioni in cui cercava un contatto diretto con le persone».

Per te è una storia “aliena”?

«Tutti gli artisti sono mandati dagli Dei sulla terra per una missione».

La sua qual è?

«Sono ossessionata dalla mia missione. Prima o poi mi sarà tutto più chiaro. L’unica cosa certa è che se non sei spinto da qualcosa di speciale, meglio cambiare strada. Questo lavoro mi ha trasmesso l’energia “marziana” e la voglia di vivere della Carrà».

Nella televisione di oggi, chi ha il carisma della Carrà?

«Non guardo la tv. Ma è cambiata un’epoca. Gli idoli non esistono più. Mancano la distanza, il mistero. Il tempo gira in un altro modo, spinto da un’accelerazione assoluta. Con internet nessuno emerge veramente, ma in tanti diventano icone passeggere. Non c’è una Carrà, oggi. Ci sono tante sorelline minori». 

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