Il make up artist Diego Dalla Palma debutta al teatro Parioli: «La bellezza? Il trucco sta nel coraggio di coltivare la propria diversità»

Autore dell’immagine di donne dello spettacolo e della cultura italiana, per la prima volta in teatro, Dalla Palma articola il suo monologo lungo le sei stazioni, coraggio, diversità, dolore, disciplina, consapevolezza e destino, che portano al fascino: guai ascoltare chi detta leggi dai social

Diego Dalla Palma, 72 anni, truccatore, scrittore, imprenditore e personaggio televisivo italiano
di Simona Antonucci
4 Minuti di Lettura
Venerdì 10 Novembre 2023, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 17:12

«Guai a lasciarsi influenzare. La bellezza è sinonimo di autonomia e il proprio aspetto va progettato con indipendenza. La bellezza non passa per lo specchio, a fissarsi sui propri difetti. Ma coltivando la conoscenza. E la propria diversità. Evitando di ascoltare chi detta leggi dai social». Non si parla di ombretti, né di rossetti da consigliare, ma di un cammino fatto di coraggio, diversità, dolore, disciplina, consapevolezza e destino: le sei “stazioni” lungo le quali il make up artist e scrittore Diego Dalla Palma, 72 anni, autore dell’immagine di donne dello spettacolo e della cultura italiana, per la prima volta in teatro, articola il suo monologo Bellezza imperfetta, fra vacche e stelle, l'11 e il 12 novembre al Parioli di Roma.

Ospite speciale, stasera, Martine Brochard, al fianco di Dalla Palma, l’attrice Vera Dragone anche nelle prossime date del tour, al Manzoni di Milano (5 e 6 dicembre), al Teatro delle celebrazioni di Bologna (il 15 gennaio) e poi di nuovo Roma, al Ghione il 14 e il 15 marzo. «Più che uno spettacolo è una seduta psicanalitica che mi faccio da solo. Una necessità, anche dolorosa, di mettermi a nudo. Non sono un attore, ma l’attore dei miei valori, i sei momenti di riflessione che secondo me portano alla lucentezza. Narro episodi, miei, privati, per arrivare a spiegare che la bellezza imperfetta è quella duratura».

Perché vacche e stelle? Chi sono?

«Le stelle sono quelle del cielo e le vacche sono quelle da mungere, nelle stalle dove sono cresciuto. Provengo da una famiglia di malgari, in un paesino piccolo. I miei anni formativi li ho trascorsi in mezzo ai pascoli, nelle vallate».

E la bella imperfetta chi è?

«Mia madre, incantevole per la sua atipicità. Una donna tormentata, priva dell’istinto materno più classico. Era più una gitana che una mamma, ma per me ha avuto un ruolo fondamentale. Coraggiosa, mi lasciò partire con poche lire tasca, per reinventare la mia vita».

Ma anche lei ha avuto coraggio, o no?

«Ho avuto infanzia e adolescenza piuttosto complicate. Sono uscito da un coma, per una meningite fulminante e poi ho dovuto superare violenze. Mamma avrebbe potuto trattenermi. E chiunque al posto mio avrebbe preferito restare nel calore di casa. Invece, lei mi ha spinto a prendere la corriera verso Milano, a guardare avanti. Forse attraverso di me, cercava anche il suo di riscatto».

Bullizzato perché? Da chi?

«Perché ero un po’ effemminato.

Dicevano. Un giorno, un cretino, mentre ero al mercato con mia madre, disse, rivolgendosi a lei: state in giro per comprargli un reggiseno? Lei rispose: no, ne ho già tanti. Sono dolori che ti porti addosso. Ma siamo andati avanti. Tirando fuori il coraggio, lo stesso che ho avuto anche a livello imprenditoriale, perché senza soldi mi sono buttato in un’avventura che poi è diventata un'impresa. Lasciai la Rai dove ero costumista. E andai».

Dove?

«Seguendo la mia indole. Che non era quella di sposare i canoni e perdere la mia identità».

E siamo al capitolo "diversità".

«Sì. Io sono diverso in tutto, mi vesto in maniera diversa, vivo in modo diverso. E sessualmente ho sperimentato qualsiasi forma erotica, diversa, non perversa. L’impronta della diversità è la mia identità».

Ha amato di più gli uomini o le donne?

«Ho amato più una donna. Gli uomini sono stati impulsi e passioni erotiche».

E sua mamma commentava?

«Stanco di sotterfugi, le ho parlato della mia bisessualità. Pensavo mi fulminasse. E invece mi disse: “io non ho nessun problema a capire questo. Ricordati che è fondamentale che tu faccia di tutto per sentirti un uomo libero. Hai fatto bene a dirmelo. Così quando sento battute violente, so cosa rispondere"».

Nella stazione del dolore di che cosa parlerà?

«Il coma è terrificante, perché quando ne esci, ti guardano come un appestato. E dopo una meningite fulminante, sono cresciuto stando attento a tutto. Il sole, il freddo, il caldo. Il dolore è stato dilaniante. Non voglio predicarlo. Ma l’ho incontrato e affrontato. Me lo sono reso amico, altre volte nemico».

Nel monologo, una pagina è dedicata alla consapevolezza. Di cosa?

«Di essere quello che ho detto prima, ma ora sono pacificato. La consapevolezza però, è arrivata tardi. E mi ha fatto grandi regali. Oggi, detesto l’omologazione. Per seguire i canoni e la moda si dimentica la propria identità».

E la disciplina?

«È tutto, la volontà e l’impegno. Mentre con il destino, non si può fare niente. Ti cambia tutto. E ti ritrovi ad aver fatto tutto, per niente. È beffardo. Ma c’è sempre un’altra porta da aprire». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA