Daniel Oren: «Vorrei dirigere all'Arena di Verona il mio primo Wagner»

Daniel Oren durante le prove di Traviata all'Arena di Verona
di Simona Antonucci
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Giovedì 20 Giugno 2019, 20:32
«Ora il mio sogno è dirigere Wagner all’Arena». Una decisione sofferta. «Mi sono sempre rifiutato per rispetto al mio popolo, agli ebrei accompagnati da quelle note verso i forni crematori. Ma ora mi sento pronto. Penso che la musica sia sempre stata il pane dell’anima. Anche in quei momenti dolorosi».

Daniel Oren, israeliano, 64 anni, scoperto da Bernstein quando era un bambino che cantava in Sinagoga, è stato nominato direttore musicale del Festival di Verona da pochi mesi, ma è in assoluto il Maestro che nell’Arena ha battuto ogni record, dirigendo tredici titoli e tre concerti di gala per un totale di 474 rappresentazioni. Ha lavorato a Roma, Parigi, Londra, Vienna, New York... Ma per Verona ha un amore particolare, che dura da 35 anni. Sarà sul podio, dal 21 giugno, per lo spettacolo inaugurale della stagione, la Traviata, ultima regia di Zeffirelli, appena scomparso, che ha creato per l’anfiteatro molti dei suoi capolavori. E poi per alcune repliche di Aida, per Carmen, in programma dal 6 luglio al 4 settembre, e Tosca dal 10 agosto al 6 settembre.

Da spettatore e non da Maestro, che cosa vorrebbe vedere qui?
«Un’Aida spettacolare, con uno sguardo contemporaneo. Spielberg potrebbe riuscirci».

Dirigere in un teatro en plein air che differenza fa?
«Arrivai qui nell’84 per Tosca. Spiegavo ai musicisti come interpretarla, i colori, le sfumature. Piano, sussurri e sospiri. Mi lasciarono parlare per un po’. Fino a che uno di loro mi interruppe e disse: Maestro, ma tutto questo, nell’Arena, immensa com’è, non arriva. Aveva ragione l’orchestra. È un posto speciale, unico. Che ti impone dei compromessi. Senza rinunciare a una tua lettura, non devi mai dimenticare che questo è il tempio delle forti emozioni».

L’Aida storica di Fagiuoli che debutta il 22, così come la Traviata del 21, saranno quindi di grande impatto?
«Avranno, in modi diversi, impianti spettacolari, certo. Grandi show, tante comparse, mille colori, gli animali, un coro maestoso. Anche se Verdi parla di altro. Di donne ferite e lacerate nell’anima. Messaggi lirici, intimisti. Bisogna essere furbi a comunicare tutte le pagine».

Insieme con il nuovo sovrintendente, Cecilia Gasdia, che impronta volete dare al festival?
«Prima di tutto recuperare il pubblico che si è perso negli anni. Un traguardo che si raggiunge riportando grandi cantanti. E qualche risultato già si vede: le repliche del Trovatore con Anna Netrebko sono già tutte esaurite da mesi. Ho fatto solo un nome, ma in cartellone ci sono Leo Nucci, Domingo, tantissimi. Gli spettatori sanno scegliere».

Ritorniamo a Wagner. Come è arrivato alla decisione?
«Ho sempre avute molte difficoltà, religiose, politiche, emotive. Ora sento che vorrei dirigerlo qui, in Arena. Lohengrin, Valchiria».

Un ricordo di Zeffirelli.
«È stata una grande emozione quando ha accettato di tornare con una nuova regia.
Anche lui amava profondamente questo spazio. E aveva una grande fiducia nelle possibilità del Festival. Ha creato dei capolavori immortali che riprenderemo sempre. Domani non potrà vedere la sua Traviata. Ma lui è qui». 
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