E così il tour organizzato da Melandri per creare dei ponti con partner potenziali e per presentare le mostre in calendario nell’edificio disegnato da Zaha Hadid, che ha proprio a Londra uno studio per 400 architetti, si è trasformato in un momento di riflessione sul ruolo del museo nelle città e nelle comunità. «La mia idea, anzi la nostra, la metteremo in mostra a ottobre: le sale saranno a disposizione degli artisti che monteranno opere site-specific. E avremo ballerini, performer, musicisti, creativi che diranno la loro su suono, natura, sociale, vita domestica, tecnologia. Una fabbrica di cultura aperta giorno e notte». Giorno e notte? «Certo, in quei giorni resteremo aperti anche di notte», afferma, sorridendo alla presidente che risponde: «Per fortuna un sacco a pelo ce l’ho. Ci organizzeremo».
Ad aprire le danze (promettono che si potrà anche ballare) di questa “rivoluzione d’ottobre” un Acquisition gala dinner, cena di fundraising per arricchire la collezione.
Che cosa succederà a ottobre, i visitatori entreranno e...?
«Non troveranno vetrine, ma opere pensate per rifondare l’idea di istituzione culturale. Ogni settimana per sei settimane tutto diverso. Una sfida faticosa anche da un punto di vista tecnologico: chiudere tutto e ricominciare per sei volte. Un impegno enorme, ma fondamentale per mostrare un prototipo della nostra società».
Qual è il ruolo sociale dell’arte?
«Non si può chiedere a un artista di avere un ruolo di responsabilità all’interno della società, ma sicuramente di avanzare proposte per una vita migliore. Provvedere alla crescita fornendo il suo sguardo critico. Un qualcosa che ha a che vedere con la libertà di pensiero, in qualsiasi contesto. Un artista deve insegnare a non seguire il consenso».
Siete a Londra per creare un ponte tra Roma e questa città: che cosa hanno in comune oggi le due comunità artistiche?
«Mi viene in mente il Centre Pompidou: l’hanno creato a Parigi un architetto italiano e uno inglese, Piano e Rogers. Erano da soli, contro tutti».
Un contrasto creativo e vincente?
«Londra è una combinazione tra pulsioni radical e tradizione. Un conflitto vitale tra classi dominanti ed emergenti, comunque animate dallo stesso spirito di pragmatismo: il risultato sono i Beatles, Damien Hirst».
E a Roma?
«Roma ha una fortissima caratteristica classica. Dal Colosseo al Barocco. Ma cosa la rende una città unica è proprio il contrasto tra i segni antichi e l’architettura fascista, moderna e poi contemporanea. Un dialogo tra l’enorme patrimonio del passato e le “minoranze”: questo crea la scintilla. Roma non è soltanto il Colosseo, dove tra l’altro venivano uccise centinaia di persone. Ma anche è il Foro, dove si dava voce alle minoranze. Ed è dalla voce delle minoranze che nasce la democrazia».
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