Il fatto che il loro brano più noto sia diventato l’inno dell’Italia campione del mondo a Berlino (ricordate il celebre “popopopopopopooo…” cantato a squarciagola dai ragazzi di Marcello Lippi e da tutti i tifosi azzurri nell’estate del 2006?) non gli ha certo rovinato il sonno. Ma che Seven Nation Army, singolo del 2003 diventato una hit mondiale e il coro da stadio (calcistico) per eccellenza dopo la vittoria della nostra Nazionale in terra tedesca, sia stato utilizzato da Donald Trump nella sua corsa alla Casa Bianca, questo, invece, Jack e Meg White, il mitico duo degli White Stripes, non l’hanno potuto assolutamente digerire. Così, riunitisi per l’occasione - il gruppo si è sciolto nel 2011 -, si sono immediatamente dati da fare buttando giù un comunicato col quale hanno diffidato il candidato Repubblicano dall’adoperare il loro pezzo in campagna elettorale.
Parole e musica che assomigliano tanto a quelle di molte altre star della canzone mondiale, a quanto pare, non proprio attratte (è un eufemismo) dalla figura del politico e magnate statunitense. Prima dei White Stripes, infatti, a negare le loro creazioni a Trump per la sua battaglia senza esclusioni di colpi contro Hillary Clinton erano stati, nell’ordine, Adele, che aveva vietato al businessman l’impiego di Skyfall e Rolling In The Deep, i Queen, adirati per l’uso, a loro dire non autorizzato, di We Are the Champions, e, addirittura, Justin Bieber, capace di rifiutare i cinque milioni di dollari offerti dall’entourage del discusso magnate newyorchese per un’esibizione di 45 minuti alla convention Repubblicana di Cleveland.
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