"Finirà questo silenzio", l'opera prima di Maria Lombardi

"Finirà questo silenzio", l'opera prima di Maria Lombardi
di Renato Minore
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Venerdì 10 Giugno 2016, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 19:00

Ah, la famiglia! La famiglia dove covano tristezze e rancori. La famiglia dove le incomprensioni, i sotterfugi, le cose non dette, gli inganni creano altri rancori e altre infelicità, in una catena che si allarga e precipita nei rapporti e negli affetti, cementati attraverso gli anni, con ferite all'apparenza non rimarginabili, scelte di vita e di comportamento fortemente condizionate dall'ineluttabilità del proprio vissuto, da ciò che appare segnato per sempre.


Il primo romanzo di Maria Lombardi, Finirà questo silenzio (Carta Canta editore) è una dolorosa, serrata, incalzante storia familiare, una storia di normale infelicità familiare, raccontata con bella evidenza e profondo coinvolgimento. C'è al centro una madre sofferente, chiusa in una prigione di silenzio, sprofondata sempre più nella malattia che è anche l'esito della propria lancinante esperienza di figlia prima e poi di moglie e madre: «Ora la sua vita è ferma dietro un vetro che guarda il mare». «Non voglio mettere ordine ai pensieri, ai giorni, alla confusione e al pianto. L'ho fatto per anni e niente è cambiato. Non c'è un senso nella fine ed io vedo solo la fine, un punto nero e oltre niente più, non puoi chiamarlo nemmeno vuoto, baratro o precipizio. Il vuoto c'è, quello che vedo io non c'è. È morte».

C'è un padre come tanti indaffarato e distratto dal lavoro, che comincia ad avere una sua vita affettiva parallela, con il pensiero però «incatenato alla stanza da letto dove la moglie comprime la vita fino a farne un respiro e niente altro». E ci sono due bambine immerse in questo perturbato clima famigliare, vivono una condizione di diffusa precarietà e di vera infelicità, rafforzando il loro legame, rendendosi indispensabili l'una per l'altra, con una solidarietà unica e irripetibile, il frutto raro, prezioso di una condizione di disagio e di sofferenza. «Silvia non ha che Caterina e Caterina non ha che Silvia». «Silvia, non mi lasciare mai. Voglio essere la tua fidanzata, lo so che non posso. Era per farti ridere. Allora voglio essere la tua ombra, così non ci separiamo mai. Come Trilli e Peter Pan. Io sono Trilli e tu Peter».

TRAMA
Una trama fragile, delicatissima, sempre sul punto di incrinarsi, di rapporti e di condizionamenti che lega ognuno all'altro, in una morsa che stringe e infine precipita con la morte della madre. «Gli occhi sono altrove, lontano dalla cameretta delle bambine, dove il dolore è uno spazio chiuso. Gli occhi di Silvia inchiodati allo spiraglio della porta che lascia entrare odore di fiori. Gli occhi di Caterina che sanno e non vogliono sapere e si aggrappano a Silvia e desiderano solo una risposta».

SITUAZIONE
Nella nuova situazione il padre rapidamente ha portato a vivere la sua compagna in casa, con i due figli- il legame tra Silvia e Caterina s'incrina e poi, con gli anni, sembra sfasciarsi definitivamente. Cade un profondo silenzio tra le ex bambine così simbiotiche, ora donne impegnate nel lavoro, l'una giornalista, l'altra avvocata presso lo studio del padre. Un silenzio che porta altra solitudine, altro disagio, altra insofferenza. «Prima c'era Caterina, ora non più». «Prima c'era Silvia, ora non più».

C'è un segreto nella morte della madre che Caterina non ha mai conosciuto e di cui la sorella si sente in colpa, per qualche ragione che va dolorosamente chiarendosi. C'è una firma in un documento attribuita con l'inganno a Caterina che però non ne ha saputo nulla e che ha scavato incomprensione e disagio, una distanza all'apparenza incolmabile. Ma sia Silvia che Caterina hanno dentro di sé il segno di quella tenera, forte, indelebile complicità affettiva con cui sono cresciute e che le ha aiutate da bambine a sopportare disagi e dolori, a farsi forza l'una con l'altra. Così ognuna a suo modo cerca di trovare il bandolo della matassa, alla ricerca di quella voce altra da sé, tanto indispensabile per conoscere meglio se stessa.

Maria Lombardi, firma che i lettori del nostro giornale da anni ben conoscono, ha uno sguardo assai acuto e felice nel descrivere certe atmosfere infantili, i giochi, le paure, gli incubi, i sogni, quel cuore di tenerezza e di vincoli affettivi che da forza e linfa alla coppia di sorelle.
E sa raccontare l'infelicità della sua famiglia, attraverso un gioco ad incastro assai persuasivo, soprattutto nelle prime pagine fino alla morte della madre: poi la storia diventa il parallelo percorso di conoscenza e di verità per ognuna delle due donne. Piccoli flash o improvvise zoomate che scivolano dall'uno all'altra, tutti serrati, oppressi in angusti spazi dove il dolore è come una acre polvere diffusa nell'aria dentro cui respirano nonni, padri, madri e figli, in una catena che stringe tutti, quasi a soffocarli.

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