Marco Bellocchio: «Noi due, vicini e diversi: la censura ci ha uniti»

Marco Bellocchio: «Noi due, vicini e diversi: la censura ci ha uniti»
di Gloria Satta
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Lunedì 26 Novembre 2018, 23:45 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 13:39
«La morte di Bertolucci è la morte di una generazione, la nostra, che sta scomparendo naturalmente: siamo rimasti in pochi», dice Marco Bellocchio, addolorato per la perdita dell’amico-nemico, sempre frequentato e sempre rispettato. Bernardo e il regista di Nel nome del padre si conoscono oltre mezzo secolo fa, condividono furori cinematografici e censure (rispettivamente per Ultimo tango e I pugni in tasca), sono entrambi stimati da Pasolini, litigano per via della politica (comunista il primo, maoista il secondo) e nel corso degli anni s’incrociano a più riprese in quel cinema che ha consacrato entrambi. Nel 2011, a Venezia, è proprio Bertolucci a consegnare il Leone alla carriera a Bellocchio, oggi 79. 

Dove vi siete conosciuti esattamente? 
«Al Centro Sperimentale nel 1962. Bernardo mi fece i complimenti per il mio saggio di diploma. Poi abbiamo vissuto una storia parallela scandita non tanto da rivalità quanto da contrapposizioni. Scherzavamo sulle nostre rispettive città, la mia Piacenza e la sua Parma: “Di Piacenza l’Italia ne fa senza”, fa dire Bertolucci al personaggio di un suo film». 

E Pasolini come entra nel vostro rapporto? 
«A metà degli anni Sessanta, quando avevo appena girato i Pugni in tasca, ci presentò al pubblico come le nuove promesse del cinema italiano. Per un certo periodo le nostre carriere sono andate avanti parallelamente, poi Bernardo prese la strada internazionale». 

E lei cosa pensò? 
«Per quel “sorpasso” provai nei suoi confronti una forte invidia che è negazione, ma anche riconoscimento del valore dell’altro...poi tutto si è come tranquillizzato. Strade diverse, obiettivi diversi, risultati diversi. Ma ci siamo sempre rivisti pacificamente». 

Cosa pensò quando la magistratura mandò al rogo “Ultimo Tango”?
«Fu una vicenda dolorosa, ma anche una mezza pagliacciata. Dimostra ancora come è cambiato il costume: sia il film di Bernardo sia I pugni in tasca, che rischiò di venire ritirato, oggi sono considerati per tutti».

Quali sono i film di Bertolucci che preferisce? 
«Strategia del ragno, Il Conformista e Ultimo tango. Dopo quei film, abbiamo preso strade professionali diverse». 

Quando ha visto il suo collega per l’ultima volta? 
«Qualche mese fa, alla cena per il restauro di Novecento. Era sofferente, ma pieno di progetti. Mi colpì la sua tenacia». 

Con la scomparsa di Bertolucci, cosa perde il mondo? 
«Un modo di fare cinema totalizzante, legato alla nostra generazione. È importante preservarlo oggi che i tempi cambiano in tutte le arti e le serie tv rischiano di schiacciare il cinema. È anche per Bernardo che bisogna rimettersi al lavoro, che altro si può fare? Dobbiamo continuare a vivere con la vitalità che ci resta». 
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