I tre fratelli del velocista mondiale dei 200 metri, Pietro Mennea, hanno impugnato il testamento dell'atleta, morto il 21 marzo scorso, in quanto ritengono che l'atto olografo non sia stato stilato dal primatista barlettano.
«Pietro - spiega Enzo Mennea, uno dei tre fratelli - era malato, si sottoponeva alla terapia del dolore e gli venivano somministrati farmaci, sia per la terapia contro il cancro, sia per sedarlo. Una persona in quelle condizioni non ha nè la capacità, nè la lucidità di scrivere e di farlo in modo fluente».
E poi Enzo Mennea non lascia spazio ad equivoci: «Quel testamento - dice - è falso, non l'ha scritto mio fratello».
«Sia chiaro - conclude Mennea - che noi non accusiamo nessuno, i rapporti con nostro fratello erano buoni e vogliamo solo capire se è stato commesso un reato e siamo fiduciosi nel lavoro della magistratura».