Si preparano per la scuola, prendono i libri per la lezione e si collegano al computer: il professore è lì sullo schermo, che li aspetta, per iniziare a spiegare. Ma lui è in Ucraina, l’insegnante, mentre i suoi alunni collegati online sono in Italia, a Roma, ma anche in Germania, in Spagna e in Olanda. Un’intera classe che risponde all’appello e che, praticamente, è sparsa in tutta Europa ma con il cuore lì, in Ucraina, dove sono rimasti i professori. E la lezione va avanti così, per l’intera mattinata.
L’allarme bombe
Si ferma solo quando dallo schermo arriva il suono, agghiacciante, dell’allarme delle bombe: il docente deve fermarsi, spegne e va via. Ma poi torna e tutto riprende, in un’apparente normalità. La scuola, ancora una volta, riesce a tenere uniti i ragazzi. E la didattica a distanza, la stessa che ha già aiutato gli alunni a studiare durante il lockdown nonostante i tanti problemi dovuti al Covid, ora scende di nuovo in campo e lo fa contro la guerra. È la storia di tanti ragazzi, tra quelli che a migliaia stanno arrivando in Europa: continuano a studiare, la loro vita deve andare avanti e vogliono continuare a seguire le lezioni. A fine anno in Ucraina non ci saranno gli esami, sono stati sospesi, ma si studia lo stesso proprio per guardare al futuro.
In realtà non lo è, i compagni sono divisi da migliaia di chilometri e i docenti, rimasti in Ucraina, spesso sanno bene che la loro scuola non c’è più. Ogni giorno qualcuno si collega da un luogo diverso, online si fa lezione ma i ragazzi si raccontano anche quello che stanno vivendo. E così si va avanti a distanza, con la Dad. Ci sono anche tanti ragazzi, soprattutto i più piccoli, che in Italia si stanno inserendo nelle classi vere e proprie: lo fanno per conoscere nuovi compagni, per entrare in contatto con i coetanei e magari giocare con loro. Per la didattica però è tutto più complicato: per capirsi provano a parlare in inglese, usando i tablet per tradurre quel che si fa a scuola, o vengono aiutati dall’intervento di un mediatore che traduce nella loro lingua la lezione.
Collegati online
Ma per poter studiare con i propri compagni e seguire i programmi dei professori, gli studenti si collegano online. E’ così, ad esempio, per Xenia e Myraslava: le due ragazze sono arrivate in Italia il 9 marzo dalla città di Kremencuk, nella parte centro-orientale del Paese, e hanno raggiunto una loro zia a Roma. Ora vivono con lei e con il resto della famiglia, nonne comprese. Hanno 14 e 15 anni, provano a portare avanti la loro vita e lo fanno anche attraverso la scuola. Hanno raggiunto la zia Irina grazie al Salvamamme che, a Roma, sta sostenendo le famiglie ucraine che arrivano e sta inviando qualsiasi tipo di necessità in Ucraina. Le due ragazze si collegano alle 8 di mattina e inizia la giornata: «Fanno lezioni di due ore e poi una piccola pausa – spiega Irina – così fino alle 14. Il pomeriggio si riposano e poi studiano per il giorno dopo. Proprio come erano abituate a fare a casa loro. Stanno facendo di tutto per portare avanti i programmi di matematica, scienze e storia. Loro vogliono tornare in Ucraina e per questo non accettano di restare indietro con la scuola».
I compagni di classe di Xenia sono 30 in tutto e sono divisi tra l’Italia, alcuni a Roma e altri a Bologna, la Germania e la Francia. Solo 5 studenti sono rimasti in Ucraina ma presto andranno via anche loro. Sono progetti che vengono raccontati tra compagni, dietro lo schermo del telefonino. Anche questo è un modo per restare in contatto. Molti docenti invece sono rimasti lì e ogni giorno si collegano, spiegano e interrogano. I ragazzi fuggiti dall’Ucraina spesso non hanno un computer e usano lo smartphone.
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Le associazioni
Ci sono anche associazioni che si stanno organizzando per sistemare computer e tablet usati: una volta trovato un alloggio e i vestiti, ci si occupa del pc e della connessione sia per comunicare con i parenti distanti sia per la scuola. Vitali e Maria, di 12 e 14 anni, sono arrivati in Italia il 10 marzo, in fuga dalla città di Cernivici, vicino al confine con la Romania. Ad accoglierli hanno trovato Valentina: «Sono ucraina e vivo da tre anni con mia figlia di 14 anni a Marino, vicino Roma. Ci siamo sistemate bene e ora vogliamo fare la nostra parte con chi ha bisogno di noi. Ho avuto in affido Vitali e Maria, sono figli di una coppia di militari, quindi i genitori sono dovuti restare in Ucraina. Ora i ragazzi stanno bene, per questo devo ringraziare Salvamamme e Croce Rossa, e stanno seguendo la scuola dallo smartphone, se riesco provo a fargli avere un computer. I ragazzi sono felici di vedere i compagni, ma non mancano i momenti difficili: ad un certo punto si sente la sirena che avverte dell’arrivo delle bombe. Il professore si scusa e lascia la lezione: deve andare a mettersi in salvo. Io, dall’altra stanza, sento quel suono e ho i brividi. Ma poi, dopo un po’, la lezione riprende normalmente: è tornata la calma».