Il viaggio nei Municipi/Dalla movida di Ponte Milvio al borgo medievale di Isola Farnese

Il viaggio nei Municipi/Dalla movida di Ponte Milvio al borgo medievale di Isola Farnese
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 6 Maggio 2017, 15:11 - Ultimo aggiornamento: 7 Maggio, 23:11
Gettando lo sguardo sulle teste canute che si affacciano tra i vicoli medievali, non è difficile azzardare che l’età media dei residenti del posto sia entrata negli «...anta» da un pezzo. Ma quanto, di preciso? Settant’anni? «Alza, alza pure...», suggerisce Mauro Mennucci, ex impiegato della Dc classe ‘39, che abita nel borgo di Isola Farnese dal 1981.

Eppure in questa manciata di case arroccate sulla cima di una rupe vulcanica che sa di Etruria, accanto al castello del XIII secolo, «lui è un oriundo», rimarca Maurizio Mantini, che di anni ne ha 79, nato invece proprio qui, a due passi da piazza della Colonnetta, che poi sarebbe la colonna romana posizionata davanti alla rampa che simboleggia l’antico accesso al paese. Paese, appunto, più che quartiere, oasi pittoresca che sbuca sulla Cassia subito dopo La Storta, a diversi chilometri dal Raccordo. Nel vecchio borgo abita un centinaio di «isolani», anche se, rimarca sempre Mantini, «quelli originari di qui ormai sono una ventina scarsa». Molte case, rimesse a nuovo, sono diventate il buen retiro degli «stranieri», vale a dire chi non è nato e cresciuto da queste parti, gli stessi che spesso invadono, per matrimoni o funerali, la Chiesa di San Pancrazio con gli affreschi del ‘400. Nella vita quotidiana del paese, però, tutto ruota attorno al centro anziani. Dove la mattina servono anche i caffè, perché il vecchio bar ha chiuso da quattro anni, così come il macellaio e la pizzicheria. L’unica attività commerciale rimasta in piedi è un albergo. Anche se a maggio (quest’anno dal 12 al 14) il borgo cambia faccia e si riempie per la Festa di San Pancrazio, che significa musica, spettacoli e tante bancarelle.

Rimettendosi in auto sulla consolare, con il Gra alle spalle, spingendosi ai confini di questo municipio di Roma, il XV, grande come Livorno con i suoi 158mila abitanti, non lontano da Cesano, ecco l’Olgiata. Sinonimo nel dizionario collettivo (forse un po’ stereotipato) di ville con vippaio annesso. Ville con piscina, ça va sans dire, e l’esperto del tema, in questa zona, è Fabrizio Vertecchi, 63 anni, sei lustri passati a costruire e rimettere in sesto vasche blu. Per i profani della materia, i prezzi oscillano dai 15mila euro (per esibire una piscina 4x8 metri “skimmer”, cioè con l’acqua diversi centimetri sotto il bordo) fino ai 150mila euro per una vasca da 50 metri con l’acqua a “sfioro”. «Ma quella che va di più - spiega Vertecchi - è la classica rettangolare da 6x12», che sta sui 30mila euro.
Colpo d’occhio diverso rispetto a quello di Labaro, solo pochi chilometri più in là, sempre sviando dalla Cassia, con i suoi palazzoni e le casette abusive a due piani. L’unico aspetto che sembra fare da raccordo alle svariate facce di questo municipio sono i campi di calcio. Tanti. Ogni quartiere del “XV” sembra averne (almeno) uno, con tanto di squadra dilettantistica locale: da Saxa Rubra a Prima Porta, da Tor di Quinto a La Storta. Al campo “Amici di Labaro” gioca dagli anni ‘70 la “Polisportiva Saxa Flaminia Labaro”, gagliardetto con grifone bianco su sfondo blu. L’ha fondata Alfredo Massaroni, 83 anni, che ha creato i campi con la ruspa. Su questo prato hanno affondato i tacchetti «Bruno Giordano, Manfredonia, Chinaglia, Marco Materazzi», sostiene Massaroni, mentre i “suoi” ragazzi, oltre 300, si allenano. «Cerchiamo di trasmettere loro i valori dello sport, un’educazione, che parte dal rispetto dell’altro. Chi sgarra qui viene cacciato». Ci sono regole anche per i genitori: «Non scaldarsi contro l’arbitro», il primo comandamento (non sempre facile da far rispettare).

POLPETTE E APERITIVI
Quando si fa sera, tornando verso il centro, non si può non passare per Ponte Milvio, con i suoi tavolini sempre affollati, il traffico chiassoso e le soste selvagge, la movida che passa dai tiramisù di Pompi, gli aperitivi sul balconcino di Dulcamara, le polpette al sugo nel «Trapizzino». Del vecchio “Ponte” resta Pallotta, ma il ristorante è stato ceduto dalla famiglia da anni. «Teniamo il bar - spiega Emma Pallotta, 74 anni - che è diventato anche una libreria». In cinquant’anni, qui, racconta, «è cambiato tutto». Ora, a tutte le ore, è sempre e solo «movida». Prima, forse proprio come Isola Farnese, «era solo un paesino».
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