Il ritorno di Pietro Angelini al Teatro Basilica di Roma, il 21 e 22 marzo con "Un Onesto parziale discorso sopra i massimi sistemi"

Lo abbiamo visto a Venezia 80 nel film "Comandante" insieme a Pierfrancesco Favino. Ma quest'anno ritornerà al cinema affianco a Chiara Mastroianni.

Il ritorno di Pietro Angelini al Teatro Basilica di Roma, il 21 e 22 marzo con "Un Onesto parziale discorso sopra i massimi sistemi"
di Carmela De Rose
7 Minuti di Lettura
Mercoledì 13 Marzo 2024, 16:47

Pietro Angelini dal cinema (lo abbiamo visto a Venezia 80 al fianco di Pierfrancesco Favino nel film “Comandante” diretto da Edoardo De Angelis), ritorna al Teatro Basilica di Roma il 21 e il 22 Marzo alle ore 21:00. Lo spettacolo mescola ironia e disperazione, presentandosi come un autoritratto dell'autore e al contempo come uno specchio della società contemporanea. Pietro affronterà con abile ingenuità gli eventi della sua vita da giovane uomo, attore e figlio, con un profondo senso di responsabilità e un gran numero di domande per il mondo. Il suo è un flusso di pensieri, di confusione e di ansia, espresso attraverso un linguaggio multimediale che si trasforma in materia teatrale, dipingendo un ritratto intimo e psicologico del protagonista.

Sinossi dello Spettacolo. 

Racconta Pietro Angelini: "La spinta dinamica che ha portato alla creazione dello spettacolo è la violenta reazione all’immobilità, condizione anti-produttiva nella quale è difficile riconoscersi e che riguarda tutti. Scoprendo la propria inattività durante un periodo lavorativo come maschera in teatro, fermo in piedi per 5 o 10 ore al giorno, l’unico modo di reagire per Pietro è irruento come l’improvviso deragliare di un treno che gira all’infinito su un binario circolare. Allora ecco il fluire delle idee, dei progetti e di tutte quelle invenzioni mai realizzate, su cui costava troppa fatica mettersi al lavoro e che adesso prendono finalmente forma. Tutte, le une accanto alle altre, costruiscono un primo rudimentale sistema economico, definiscono un inesplorato mercato artistico e generano la possibilità concreta di guadagno in termini monetari. Del resto siamo tutti qui per l’arte, no?

Come è nato lo spettacolo.

Continua Pietro: "Il mio primo lavoro come autore e interprete è nato da un momento di crisi professionale, quando ho perso un importante ruolo teatrale, ero stato preso da Bob Wilson. Ho accettato di fare la maschera al Globe, ma l'immobilità in scena mi ha fatto riflettere sulla precarietà della carriera dell'attore. Così ho deciso di scrivere e presentare un mio spettacolo, intitolato "Odio l'estate", che parla proprio di questa condizione di immobilità e di come romperla. Grazie a un bando nazionale ho vinto una residenza per sviluppare il progetto, che è diventato un monologo crossmediale che utilizza videoarte e audio come linguaggi espressivi. In scena, attraverso un dialogo tra reale e surreale, propongo bozze di progetti mai realizzati, mettendo in discussione l'economia del mercato dell'arte in modo ironico ma reale. Il mio obiettivo è trasmettere al pubblico la necessità di non rimanere fermi e di provare a realizzare le proprie idee, nonostante le difficoltà del mondo dello spettacolo.

Intervistando Pietro Angelini (attore versatile e poliedrico).

Iniziamo dal tuo ultimo film “Comandante” con Pierfrancesco Favino, pellicola che è stata l’anno scorso alla Mostra di Venezia, grazie alla quale sei riuscito a calcare il tuo primo Red Carpet. Raccontaci come hai approcciato al casting e regalaci anche delle chicche riguardo al set. 

“Ho approcciato al casting in maniera standard, è arrivata la castlist alla mia agente Donatella Franciosi che aveva proposto me e sicuramente qualcun'altro. Siamo stati convocati un paio di noi, perché dell’agenzia di cui faccio parte, ha vinto anche il provino Mario Russo. Quando ho fatto il primo provino non speravo di essere chiamato per callback nell’estate. Quando mi hanno chiamato dicendomi che ero stato preso, sono saltato di gioia. Perché il regista De Angelis l’ho amato dai suoi primi film "Mozzarella stories", "Indivisibili". Ero molto felice di sapere che avrei lavorato insieme ad un regista che stimavo. E poi quando mi è stato detto che il protagonista sarebbe stato Pierfrancesco Favino, potete immaginare la felicità che può provare un giovane attore a recitare affianco ad uno come lui.                       Il set è stato incredibile, soprattutto sia la parte che abbiamo girato a Taranto ma anche la parte che abbiamo girato a Roma. A Taranto abbiamo girato nella riproduzione del sommergibile, e abbiamo vissuto a pieno l’esperienza. Il sommergibile era una riproduzione in scala 1 a 1, gli esterni li abbiamo girati a Taranto all’arsenale della Marina in questa enorme riproduzione che di fatto era la Scocca sulla parte esterna. Quindi le scene che vediamo fuori li abbiamo girate sopra questa ricostruzione che galleggiava, ovviamente non era motorizzato era trainato da altre imbarcazioni. E invece tutto ciò che accade all’interno del sommergibile è stato girato a Cinecittà World dentro una riproduzione di un sottomarino della seconda guerra mondiale.

In questa stessa riproduzione ci hanno girato più cose. Da fuori sembrava una struttura grandissima a forma di pavone, che è stata riadattata alla nostra epoca e all’interno c’erano gli interni del sommergibile.” 

Qual è stato l’approccio che hai attuato con il regista De Angelis durante il film “Comandante”?

“Direi chem Edoardo è un regista molto attento all’inquadratura, lo vediamo dalle sue reference continue come se tutto fosse un quadro, è molto attento alla composizione dell’immagine. Dal punto di vista di come lui si è approcciato a me e anche agli altri miei colleghi, accoglieva moltissimo le nostre proposte. È stato molto interessante lavorarci, proprio per questo motivo, perché ci ha lasciato liberi. Anche perché i nostri personaggi erano ben delineati, questo equipaggio, io l’ho sempre visto come se fosse un unico e solo personaggio. Ma è un personaggio che non viene ben raccontato perché non conosciamo bene le loro singole storie. Sono delle presenze ma non sono ben descritte. Questo è stato l’aspetto interessante perché quando noi abbiamo iniziato ad abitare il nostro personaggio, abbiamo iniziato a costruire noi stessi la loro storia. È stato molto curioso come Edoardo si è nutrito delle nostre proposte e in molte scene c’è tanto di nostro. Quindi se dovessi definirlo come regista, lo definirei molto aperto all’esperienza dell’attore.”

Ritorniamo un po' nel tuo passato, raccontaci come hai iniziato a recitare?

“Io sono di Grosseto una piccola provincia della Toscana. Per me, che vengo da questa piccola realtà, emergere è stato molto difficoltoso, perché non esiste un sistema teatrale nella mia città. Quando ero piccolo, i due teatri presenti non erano neanche ben strutturati. La mia formazione però nonostante tutto è iniziata in provincia, grazie a dei professori che cercavano di portare un po' di luce a noi giovani che amavamo l’arte. Durante i laboratori del liceo ho iniziato e poi sono andato a frequentare diversi workshop per cercare di migliorare il più possibile. Cercavo di intercettare quello che pensavo mi potesse far crescere. Ricordo una volta che sono andato a Verona con Rena Mirecka eravamo minorenni che è stata la prima attrice di Grotowski. Una volta che mi sono diplomato, mi sono spostato a Roma. Ho iniziato con una compagnia sperimentale a Roma al Teatro Vascello con cui ora non lavoro più dal 2019. Parallelamente ho sempre continuato a studiare. Ho iniziato anche all’Università, mi sono laureato alla triennale, manca poco per completare la magistrale."

Cosa stai girando in questo momento o cosa hai finito di girare?

“Ho finito di girare un film francese di nome “Cristophe Honoré” con protagonista Chiara Mastroianni. Non posso dire tanto. È un autore francese, una commedia surreale. Io avrò tutte le scene con lei e questo lavoro è stato interessante e super emozionante. Tra poco ritornerò anche in Teatro insieme ad un progetto che coinvolge anche l’Accademia Silvio D’amico.” 

Cosa ti porti dietro a livello umano dal film che hai girato il “Comandante” con Favino?

“È stato fighissimo stare in scena con 20 coetanei, colleghi perchè con qualcuno già si ci conosceva. È stato bello, perché siamo diventati tutti una banda di amici. Parlo dell’equipaggio, abitare insieme a loro quel sottomarino non c’era più quella differenza tra essere amici nei camerini ed esserlo li. Le dinamiche di gruppo divertenti è stato come rivivere una bella gita di scuole medie di nuovo insieme, però con delle emozioni contrastanti tra dolore, paura e gioia."

Che cos’è per te la felicità?

“Se sto sereno di umore, una bella giornata e se riesco a vivere le cose piccole e quelle semplici, sono felice. Per la felicità servono bei stimoli, arredo la mia vita con le cose belle che il mondo mi offre."

Com’è stato vivere il red carpet di Venezia 80?

“Divertente, non ho capito nulla. Tutto il giorno sono stato sotto shock. Tra la stanchezza del viaggio, l’emozione di sfilare li sopra,  con tutti quei fotografi che ti fotografano. Vivi con il resto del cast una emozione che non vivi con molta lucidità. Te ne rendi conto dopo, quando rivedi le foto. L’esperienza è stata meravigliosa, rincontrare vecchi amici, colleghi e anche artisti e attori di fama mondiale. Da rivivere.”

Cosa ti aspetti dal tuo futuro?

“Sto raccogliendo ciò che ho seminato in questi 12 anni, ma ci vuole sempre un po' di convergenza tra fortuna e lavoro.”

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