Quando il ritorno da scuola somiglia ad un interrogatorio

di Raffaella Troili
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Mercoledì 26 Settembre 2018, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 21:44
Una simbiosi a senso unico, una continua frustrazione, una stagione a centellinare parole, carpire stralci di informazioni. Ecco, il citofono, l’attesa è finita, la porta si apre anche con una certa emozione. Perché tornati da scuola, dovrebbero avere tutti qualcosa da raccontare: voti, aneddoti, interrogazioni, ricerche da fare. Invece no: l’adolescente si para davanti veloce, poi si chiude in bagno, poi si sdraia stanco. E alla timida fatidica domanda: «Come è andata a scuola?», risponde velocemente anche a bassa voce: «Tutto bene». Inutile insistere per avere particolari, è ora di rilassarsi. Ai detective non resta che chiedere in giro. E ricostruire il puzzle di informazioni, a volte essenziali, che il figlio ritiene inutili da condividere ma più spesso ha già completamente dimenticato. 

Di solito ci sono mamme più fortunate, spesso quante hanno figlie femmine, un po’ più chiacchierine e diligenti. Così scopriamo che c’è quel particolare vocabolario da comprare, che andranno in gita, che devono fare un lavoro di gruppo ma i figli di ciascuna hanno appena litigato, che domani c’è la verifica di grammatica, che a quella di matematica sono andati tutti male, anche che il prof di ginnastica è un gran figo. Insomma, «Tutto bene», no?

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