Gli schiaffi (fisici e morali) alla figlia lesbica

di Marco Pasqua
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Lunedì 26 Settembre 2016, 00:04
Oggi i membri della mia famiglia hanno fatto a gara a raggiungere il livello più alto di omofobia. Io non ne posso più
@lagibbi


Alla fine Claudia è tornata a casa. Dopo gli insulti, l’umiliazione subita davanti a centinaia di persone, le botte alla sua fidanzata. E’ tornata a stare dai genitori, gli stessi che, poche ore prima, l’avevano aggredita nella Gay Street, insieme alla compagna. Un’esplosione di rabbia cieca e folle, dopo che, un mese fa, Claudia aveva detto loro di essere lesbica. Per quello aveva già dovuto subire, tra le mura domestiche, aggressioni verbali di ogni genere. Per una studentessa di 20 anni non è facile voltare le spalle alla famiglia. Non è semplice andare dai carabinieri e mettere, nero su bianco, che tuo padre ti ha picchiata perché ami un’altra ragazza.

Ma fino a quando non si deciderà a voltare pagina, quell’uomo sarà libero di umiliarla anche quotidianamente, come avviene a moltissimi ragazzi e ragazze oggetto di violenze fisiche e verbali da parte dei famigliari. La compagna, Angela (il nome è di fantasia), può solo starle vicino, sostenerla, consigliarla. A lei i medici hanno dato 15 giorni di prognosi, la madre di Claudia l’ha colpita più volte in faccia, il padre le ha sferrato un pugno. Quando, venerdì notte, Claudia è rientrata nella sua casa, a Torbellamonaca, la mamma era sveglia, ad aspettarla. “Hai cenato o vuoi che ti prepari qualcosa?”, le ha chiesto, come se nulla fosse accaduto. Lei ora ha paura, chiusa nella sua stanza, e vorrebbe solo fuggire, lontano. Ma la realtà la tiene incatenata a quei genitori che l’hanno ripudiata e la costringe a fare i conti, ogni giorno, con la loro omofobia.

marco.pasqua@ilmessaggero.it
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