Processo alla pizza bianca romana

Processo alla pizza bianca romana
di Pietro Piovani
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Giovedì 18 Maggio 2017, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 05:01
Grazie alle Instagram stories di @CaraCori sento il bisogno
di andare a Roma e provare la (abbuffarmi di) pizza bianca con la mortadella
@vale_dnt



Tra le ricette tipiche della cucina romana, che non sono poche ma in fondo neanche tantissime, ce n’è una talmente semplice che in genere viene dimenticata: la pizza bianca. Quell’impasto cotto al forno con quel preciso spessore, alto quanto basta per consentire il taglio orizzontale e l'inserimento della mortadella; quelle bolle d’aria all’interno; quello strato di sale grosso sparso sulla superficie irregolare: se tutti i requisiti sono rispettati allora, e solo allora, si può parlare di pizza bianca romana. Qualche giorno fa su Instagram la brillante @CaraCori si è azzardata a far notare ai suoi follower l’unicità della bianca romana, e pare che sia scoppiato il putiferio: contestazioni, quando non proprio insulti, inviati in pubblico e in privato da tutte le città d’Italia al grido di «la pizza bianca ce l’abbiamo pure noi». Il che è certamente vero, perché non c’è dubbio che la nazione intera sia un tripudio di focacce, schiacciatine, cresce, pinse e gnocchi fritti, ma nessuno di questi prodotti tipici è precisamente identico a quello romano.

Davvero non si spiega l’accanimento e la violenza verbale che le persone riescono a dimostrare ogni volta che si parla di cucina. Ne abbiamo fatta esperienza anche in questa rubrica quando, in un paio di occasioni, abbiamo osato mettere in discussione le origini amatriciane della matriciana o la leggenda della carbonara inventata dai carbonari. Ora, riaffermata la peculiarità della pizza bianca romana, ci permettiamo piuttosto di sollevare qualche dubbio sulla sua qualità gastronomica: se non fosse per un motivo affettivo, forse ci sarebbe poco da vantarsi di questa fetta di pane secco che diventa incommestibile non appena si è raffreddata. (Per gli insulti, utilizzare l’indirizzo email qui sotto, grazie).

pietro.piovani@ilmessaggero.it
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