Orologi, cene a base di pesce, ma anche denaro in contanti e un abbonamento gratis per lo stadio. Per la Procura di Roma era questo il prezzo per i favori di due funzionari del Campidoglio che adesso rischiano il processo per essersi messi al servizio, tra gli altri, di alcuni esponenti della famiglia Tredicine, in particolare Dino e Mario, imputati insieme a loro e insieme a un altro parente. Oltre ad Alberto Bellucci e a Fabio Magozzi, rispettivamente l'ex dirigente dell'Ufficio Rotazioni del Comune e il suo braccio destro, potrebbero venire rinviati a giudizio anche i sindacalisti che si sarebbero dovuti occupare del rispetto delle rotazioni nel commercio su strada e un gruppo di ambulanti che si era organizzato per estorcere denaro ai colleghi con minacce e violenza, secondo un tariffario variabile: 2.500 euro al mese per i periodi di basso lavoro, 4.000 sotto le festività. Gli imputati nella maxi-inchiesta sul racket degli ambulanti nel cuore della Capitale sono in tutto 23. Mentre sollecitava per tutti il rinvio a giudizio, ieri, in udienza preliminare, la pm Giulia Guccione ha chiesto anche quattro condanne: per due sindacalisti e per due componenti della batteria di riscossori che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Le accuse, a seconda delle posizioni, vanno dalla corruzione all'accesso abusivo al sistema informatico, fino all'estorsione.
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I PUBBLICI UFFICIALI
Ma ecco i fatti contestati dagli inquirenti.
I REGALI
In cambio di favori fatti ai sindacalisti, i pubblici ufficiali avrebbero poi ottenuto un abbonamento alla A.S. Roma e anche un «pensierino», cioè denaro in contanti, scrivono i pm nel capo di imputazione. I regali sarebbero arrivati anche per compiere altri atti illegali, come non revocare licenze e non procedere con multe e sanzioni. Avrebbero pure ricevuto pagamenti mensili per garantire «le migliori postazioni di vendita, in violazione dei regolamenti comunali», è scritto nel capo di imputazione. «Quanto paghi ogni mese a loro?», aveva detto un indagato intercettato. La risposta: «Loro mi fanno i favori». Poi c'erano i riscossori che, «con violenze e minacce», ottenevano denaro dai commercianti, soprattutto stranieri. A un venditore bengalese, per esempio, era stato detto che, se si fosse rifiutato di pagare, i suoi figli sarebbero stati rapiti.
Le tracce dei pagamenti erano state trovate dalla Finanza durante una perquisizione: era tutto annotato su un'agenda. Gli appunti riguardavano anche i piani per le rotazioni: i turni per occupare di volta i volta i posteggi venivano stabilite con il benestare, per l'accusa, del dirigente capitolino finito sotto inchiesta. In tutto, con i pagamenti ottenuti - e spesso estorti - ai vari commercianti, il gruppo avrebbe messo in tasca almeno 864.585 euro.
C'è anche un'altra accusa che viene contestata a un componente della famiglia Tredicine, Elio, assistito dall'avvocato Sonia Santopietro. Per i pm, insieme a un sindacalista e all'addetta al controllo della qualità dei prodotti che sarebbero finiti sulle bancarelle in occasione della Festa della Befana a piazza Navona, avrebbe ingannato gli uffici capitolini, presentando una perizia falsa che attestava la corrispondenza agli standard di qualità e sicurezza della sua merce. I prodotti erano poi stati sequestrati dalla Polizia Locale il 28 dicembre 2018.