Sono centinaia le piazze di spaccio operative 24 ore su 24 a Roma. La vendita della droga al dettaglio viene considerata dai pusher e dalle vedette un vero e proprio lavoro, tant’è che lo chiamano il “cantiere”. Le numerose indagini delle forze dell’ordine e le sentenze dei giudici hanno portato a individuare un «modello imprenditoriale-criminale» con caratteristiche omogenee nelle piazze di spaccio romane, che prevede una rigida suddivisione dei compiti, l’impiego sempre più frequente di minorenni, l’utilizzo di mezzi tecnologici per eludere i controlli e un diffuso welfare, che garantisce stipendi e assistenza legale ai propri “dipendenti” in caso di arresto. È quanto emerge nel VI e VII Rapporto “Mafie nel Lazio”, elaborato dalla Regione, relativo al biennio 2020-2021 e al primo semestre del 2022.
LE 13 ZONE CRITICHE
La densità di queste piazze è maggiore in 13 quartieri: Tor Bella Monaca, San Basilio, Montespaccato, Romanina, Acilia, Primavalle, Torre Angela, Tufello, Giardinetti-Borghesiana, Torre Nova, Nuova Ostia, Quartaccio e Bastogi. «Si tratta di piazze di spaccio “chiuse”, fondate anche sulla fama criminale dei gruppi che gestiscono il traffico di droga e controllano il territorio - si legge nel Rapporto - Nel contempo in alcune zone della Capitale risultano operative piazze di spaccio “minori”, come ad esempio Laurentina, e altre “aperte”, ovvero, senza sentinelle, ostacoli fissi e sistemi di sorveglianza più o meno sofisticati: è il caso del Pigneto e di San Lorenzo». Chi gestisce tali piazze, dai clan mafiosi tradizionali a quelli di origine albanese, «ha un’organizzazione quasi aziendale: deve saper tessere alleanze, se necessario anche con matrimoni (oppure convivenze) combinati con altre famiglie criminali. E deve tenere in piedi un welfare criminale parallelo per gli associati».
SAN BASILIO SU GOOGLE
Il quartiere di San Basilio riveste un ruolo fondamentale nel sistema di spaccio capitolino. «Incredibile è che il giovane fermato abbia dichiarato di aver individuato il luogo dove poter acquistare stupefacente facendo una ricerca sul motore Google e inserendo la parola chiave “piazza di spaccio San Basilio”», scrive il gip di Roma Anna Maria Fattori nell’ordinanza cautelare del 5 maggio 2020 a carico del capo banda Emiliano Valtieri (detto Max) e di altri sodali. Quest’ultimo - come emerso dall’indagine - si occupava anche dell’arruolamento e dell’addestramento dei pusher, spiegando loro l’importanza dei bracieri per far sparire la droga all’arrivo delle “guardie”: «C’è poco da scappà, non scappà. All’ultimo, quando ti stanno a parà (fermare, ndr), butta tutto».
SISTEMI DI ALLARME 2.0
Uno dei gruppi di spaccio della periferia est capitolina, finiti sotto inchiesta, utilizzava un ingegnoso sistema di allarme. Le sentinelle segnalavano l’arrivo delle pattuglie attraverso un braccialetto che generava una vibrazione al polso degli spacciatori, per evitare i classici fischi. Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Roma Alessandra Boffi il 28 aprile del 2020 a carico del capo-famiglia Claudio Cesarini (detto “Cacetto”) e di altri suoi sodali, c’è un’intercettazione esemplificativa: «Lì so proprio belli da vedè. Cioè tu arrivi, te trovi proprio i personaggi... quello faceva: che ca..o te fischi? Devi fa come ha fatto Giggi: gli compri i braccialetti che fanno la scossa: buum! Invece di urla... e senti la vibrazione».
«LOTTARE CONTRO L’OMERTÀ»
«La lotta alle mafie deve vederci tutti protagonisti - spiega il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti - Siamo orgogliosi di pubblicare con l’osservatorio regionale il più puntuale rapporto sul livello di presenza e infiltrazione mafiosa nei nostri territori. Combattere le mafie significa anche lottare contro i silenzi e le omertà».
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