L'incubo Roma-Lido e i dannati del ritardo: «Saremo tutti licenziati»

La tratta infernale tra calca e degrado: dimezzato il numero dei convogli. E da domani il percorso si accorcia: stop a Magliana, poi avanti con le navette

L'incubo Roma-Lido e i dannati del ritardo: «Saremo tutti licenziati»
di Mario Ajello
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Mercoledì 10 Novembre 2021, 06:58 - Ultimo aggiornamento: 17:02

È la linea-inferno la Roma-Lido. Rimasta solo con tre treni per 55mila pendolari, con troppe stazioni abolite per non aggravare il già terribile delirio di ritardi con sovraffollamento da carnaio nelle ore di punta. Guai avvicinarcisi tra le 6,30 e le 7,45 se non a proprio rischio e pericolo, compreso quello delle alitate al tempo del virus ancora serpeggiante. E da domani, una brutta svolta storica più volte annunciata ma adesso ci siamo: chiude la stazione Piramide/Porta San Paolo, splendidamente costruita da Piacentini al tempo del fascismo, e i pendolari - quelli che ancora non si sono attrezzati con le auto private o con altri mezzi - saranno costretti a scendere a Eur Magliana, per poi infilarsi nel calvario delle navette, nella folla che scoppia sulla metro, nella lotteria del trova un autobus. Scandalo e invivibilità quotidiana, questo il mix.

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Roma-Lido, le testimonianze

Racconta Salvatore Granata, portantino all'ospedale Grassi di Ostia, che la sera torna a Roma (Centocelle) dopo una giornata di lavoro: «Ormai io e miei colleghi, ma so anche di tanti altri, ci organizziamo con il taxi da Ostia per rientrare a casa. Vogliono 55 euro, ma gli facciamo così pena ai tassisti che se ne prendono 45. In tre, 15 euro a testa paghiamo. Il mio guadagno netto in ospedale è 35 euro. Finisce che ne intasco solo la metà a causa del treno che non si sa se c'è e quando c'è e del taxi unica via di salvezza».

Fabio Consoli vive ad Acilia, 40 anni, orafo: «La mattina si viaggia come bestie. Ormai si sa: ritardi fino a 40 minuti, più 40 minuti di tragitto da Ostia ed è troppo. Con gli amici abbiamo deciso di affittare un pulmino». Il calcolo dei minuti è impietoso. Se oggi ufficialmente dovrebbe passare un convoglio (uno dei tre, gli altri sono sfasciati o insicuri) ogni 22 minuti, quei 22 superano sempre la mezz'ora mentre - per dire di una data buona - nel 2004 grazie al potenziamento della linea negli anni 90 passava un treno ogni 7 minuti. E all'ingresso della fermata Ostia Centro non c'era il barbone che ci dorme adesso, e viene scavalcato dai passeggeri.

 

Le stazioni

La stazione di Vitinia sembra un sommergibile inondato dall'acqua o un pezzo di Niagara. La stazione di Dragona è un rudere la cui costruzione non è terminata mai. La linea-inferno è così: non garantisce niente. Né orari né certezze né pipì (mancano ovunque i wc) e si rischia il licenziamento. «Faccio la domestica al centro di Roma - dice Amblesett, 46 anni, etiope, di Acilia - e da quando hanno tagliato i treni e diradato le corse arrivo sempre tardi a casa della signora. Mi ha detto che se continuo così mi manda via». E c'è chi è finito dallo psicologo a causa della linea-inferno, per troppo stress e ansia da non arrivare mai in tempo sul luogo del lavoro.

Nella stazione Vitinia allagata, ci si siede sulle panchine sotto le pensiline ma è impossibile tenere i piedi a terra perché c'è il lago e impossibile avere la testa asciutta perché i tettucci sono diventati cascate torrenziali. E pensare che negli anni 20 le prime pensiline moderne, in cemento armato, furono proprio quelle dalla Roma-Lido. A questa altezza del tragitto un giovane 24enne di Ostia, Manlio Buffoni, cameriere, spiega pacatamente: «Il problema di questa linea è che tutti noi che veniamo a Roma non siamo più in grado di organizzare la nostra vita. Non possiamo andare al lavoro in orari più o meno certi, non possiamo decidere nulla e andando avanti così finiremo tutti licenziati». E ancora: «Il servizio non c'è più. È come se non ci fossero più i secchioni della spazzatura, o i lampioni per le strade: solo che quando mancano quelli la gente s'arrabbia e quando invece mancano i treni le persone non s'arrabbiano come dovrebbero». Anche quando, allibite, vedono scorrere sui monitor la lista dei guai: «Ascensori fuori uso a Basilica San Paolo, Vitinia, Casal Bernocchi, Ostia Antica.... Scale mobili fuori servizio a Vitinia, Casal Bernocchi, Ostia Lido...». Sale un tizio sul convoglio di ritorno serale e ha il monopattino tra le braccia: «Forse a Ostia arrivo prima con questo», dice indicando l'attrezzo. Poi si rivolge al macchinista in cabina: «Ma che cosa aspettate a potenziare il servizio? Vi rendete conto che a usare questa linea siamo una marea e voi non fate altro che tagliare corse e stazioni e dopo Castel Fusano, Stella Polare e Cristoforo Colombo ora anche quella della Piramide? Ma non vi basta mai?». Il macchinista allarga le braccia mentre i dannati in cerca di una vita migliore si dividono in due.

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Speranze e no

C'è chi spera che da fine gennaio, quando questa tratta passerà dall'Atac al Cotral, cambierà qualcosa e chi è pronto a scommettere: «Sarà tutto come ora e come sempre, sono più di vent'anni che sto treno fa schifo!». Lavinia, fa la segretaria a Prati, racconta ancora: «Noi di Ostia siamo Roma ma non possiamo arrivare a Roma. Pensavamo di poter non prendere più l'automobile, intasandoci e intasando, e invece ci tocca farlo. Ma è modernità questa? Ora abbiamo un mini-sindaco del Pd, parlasse con Gualtieri e con Zingaretti e risolvessero questa vergogna». Il guaio nel guaio, la sfortunata aggravante di una situazione grave, è la fase d'interregno dei gestori. Nella quale il Comune, che sta per cedere alla Regione fra tre mesi, da tempo non ha più interesse a fare migliorie e il nuovo controllore regionale ancora non è insediato e non può mettere mano a ciò di cui non è titolare. «Ma noi per tre altri mesi non possiamo andare avanti così», è l'umore di tutti. In attesa, tra poche ore, della chiusura di Piramide e dell'inizio di una nuova via crucis ancora più accidentata tra Ostia e Magliana, Magliana e Ostia e su e giù tra la calca e la caccia a un mezzo di fortuna per muoversi nella grande metropoli che dovrebbe rispettare e rispettarsi di più.
 

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