Pulizia e sicurezza, un piano per il Tevere «Sia Parco nazionale»

Pulizia e sicurezza, un piano per il Tevere «Sia Parco nazionale»
di Camilla Mozzetti
3 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Gennaio 2020, 10:52
Un potenziale drammaticamente inespresso e costantemente sottovalutato - in primis sotto il profilo turistico - quello del fiume Tevere, corridoio ecologico di 405 chilometri che attraversa gran parte del centro Italia (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio) e ben 56 città, solcando i confini e impreziosendo da millenni i dettagli della Capitale. Ma il Biondo fiume, nonostante la sua storia e la ricchezza dei suoi ecosistemi, è anche altro: un gigante ferito per il quale un riscatto non è più rinviabile.

IL PROGETTO
Progetti e finanziamenti per avviarne o completarne il recupero. Piani per salvaguardarlo, a partire dalla creazione di un Parco nazionale dedicato al Biondo per connettere il Tevere alle 18 aree protette che ci sono lungo il suo intero percorso e trovare il modo per tutelarlo e valorizzarlo. È questa una delle proposte già avanzate al governo e alle Regioni dall'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appenino centrale per voce del segretario generale Erasmo D'Angelis che ieri ha ricordato l'importanza della proposta del Parco (che sarebbe il 26esimo in Italia) durante la presentazione del suo ultimo libro Tevere nostrum, acqua, storia, natura, cultura. Una lunga biografia del fiume, suddivisa in 6 capitoli che ripercorrono e le caratteristiche storico-naturali del Biondo, raccontando cosa di buono è stato fatto fino ad oggi e cosa si potrebbe mettere sul tavolo negli incontri tra i vari enti che si occupano del Tevere per un suo completo recupero.

Ecco allora il progetto del Parco nazionale, un riconoscimento che punta a implementare non solo il potenziale del Tevere ma che saprebbe istituire un soggetto con capacità difensive contro il degrado, l'abbandono, la sciatteria che da troppo tempo anche nelle parti più centrali di Roma scandiscono i tempi del fiume.
Non è una novità imbattersi negli insediamenti che nascono sotto ai ponti o sulle sponde cittadine, non è così difficile fare a pugni con la vegetazione che non viene tagliata e curata con i 2,7 km di banchine urbane interrotte da smottamenti e crepe, non è così innaturale vedere a fior d'acqua relitti di navi e barche affondate più di vent'anni fa. «C'è un problema evidente di abbandono spiega D'Angelis eppure ci sono tante associazioni e cittadini volenterosi che credono nel riscatto. Il Tevere è un corridoio ecologico che attraversa una gran parte del Paese e nel tempo del riscaldamento globale è davvero una risorsa».

LE MISURE
Ma al fianco delle proposte per il futuro ci sono anche i risultati raggiunti finora come i lavori avviati dall'Autorità del bacino sul sistema di invasi che permetteranno di fermare a monte 50 milioni di metri cubi d'acqua di piena. «È una gara da 3 milioni di euro - spiega il segretario generale dell'Autorità bacino - per un sistema di invasi a Nord della Capitale, a partire dal fiume Paglia che quando è in piena scarica sul Tevere, gonfiandolo». In essere poi un'altra gara da 10 milioni di euro «sulla manutenzione dei reticoli minori - conclude D'Angelis - ovvero sui fossi e sui canali coperti da vegetazione e rifiuti che non riescono a portare l'acqua piovana al Tevere». Importante, infine, il lavoro sulla pulizia delle acque del Biondo avviata in questi anni da Acea che ha portato ad avere 4 depuratori e 28 minori. «Possiamo affermare - spiega Stefano Donnarumma, ad di Acea, partecipando alla presentazione - che i livelli fisici e chimici registrati oggi dalle centraline dieci anni fa erano inimmaginabili». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA