Ponte Galeria, rivolta contro i rimpatri: devastata la struttura, un ferito

I migranti hanno abbattuto muri, sradicato porte e lanciato mattoni contro gli agenti

Ponte Galeria, rivolta contro i rimpatri: devastata la struttura
di Alessia Marani
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Lunedì 10 Ottobre 2022, 01:00

Porte sradicate, muri abbattuti, grate divelte: gli ospiti del Cpr, il Centro di permanenza per il rimpatrio di Ponte Galeria, l’altra notte hanno lanciato mattoni e pezzi di cemento contro polizia e carabinieri, li hanno attesi asserragliati all’interno impugnando le lastre di ferro sfilate dai telai incardinati alle pareti pronti a utilizzarle contro di loro schierati in tenuta antisommossa: «Venite, siamo qua», la provocazione gridata in segno di sfida. Altri sono saliti sul tetto e hanno tentato di scavalcare la recinzione. Nella foga, uno straniero è caduto rompendosi una gamba ed è finito in ospedale. 


Scene di guerriglia e devastazione che hanno messo di nuovo kappao la struttura, reduce da una recente ristrutturazione dopo che nel 2019 gli immigrati diedero fuoco ai materassi e le fiamme si propagarono agli ambienti comuni. Già nel 2009, l’ex prefetto Giuseppe Pecoraro ne aveva chiesto la chiusura al ministro dell’Interno perché ritenuto «inidoneo» e di «concezione superata». Ma, evidentemente, l’emergenza continua. 
Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre la nuova violenta rivolta che, solo per un caso, non ha avuto conseguenze ben peggiori. L’inferno si scatena alla mezzanotte. La rabbia degli ospiti esplode in pochi attimi, in quella che sembra un’azione ben studiata e deliberata proprio alla vigilia di un rimpatrio programmato. Chi gestisce la sicurezza è costretto a chiamare rinforzi e ad attendere tre squadre in arrivo da Roma. Poliziotti e carabinieri non reagiscono alle istigazioni, circondano l’area, aspettano che gli animi si calmino. Ed effettivamente dopo un’ora, gli immigrati faranno un passo indietro, lasciando però a terra le macerie. 


LE REAZIONI
La notizia della rivolta è rimasta chiusa dentro qualche cassetto della Questura. Sono i sindacati degli operatori a denunciare l’accaduto. Dei migranti che l’indomani sarebbero dovuti tornare in patria, due su tre sono comunque rimasti a Roma. «Si sono rifiutati di sottoporsi al tampone Covid e, quindi, non sono stati imbarcati - afferma Andrea Cecchini segretario generale di Italia celere - Forse ormai Roma non è una città pienamente sicura. Abbiamo assistito inermi con un incredibile dispiegamento di forze allo scempio dei tifosi del Betis in piazza del Popolo. Sono stati trattenuti poliziotti in turno senza farli nemmeno riposare e solo per permettere all’orda di vandalizzare la piazza. Ci sono state violenze in strada, impunite. Abbiamo dovuto abbassare la testa di fronte ai fuochi d’artificio esplosi per festeggiare la scarcerazione di un mafioso e poi la rivolta al Cpr: si schiera la polizia perché ci sia sempre, ma non vorremmo che diventi solo una presenza tanto per apparire, quando ormai conviene a tutti, tranne ai cittadini, che non intervenga per davvero. E questo perché le inadeguatezze delle leggi dello Stato in tema di prevenzione e certezza delle pene si scaricano sugli operatori».

Fabio Marzi del Dipartimento Organizzazione Mobile del Nuovo Sindacato Carabinieri rincara la dose: «I nostri uomini si sono trovati all’interno dei settori in 4 rispetto a 115 ospiti, mentre dovrebbero essere sempre in 10.

Da tempo aspettiamo l’attuazione delle nuove procedure per l’ordine pubblico che non arrivano. Questa volta ci ha aiutato la fortuna, ma che aspettiamo?».

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